Gian Marco Chiocci
da Roma
Alluminio per missili o per latomica? È il solito dilemma. Sia come sia, lItalia si conferma snodo cruciale dei traffici dalluminio pesante dopo che un paio di tir con quasi quattro tonnellate di questa pregiatissima lega prodotta nel nord Italia sono stati intercettati dai servizi segreti turchi del Mit (Milli ilstihbarat teskilati) in raccordo con il Sismi e la Cia nellangusto e congestionato valico di frontiera a Gurbulak/Bazargan, fra Iran e Turchia. Il sequestro del carico diretto a Teheran è avvenuto a dicembre ma la notizia è trapelata soltanto ieri quando si è chiusa la prima fase dellattività di intelligence incentrata sui movimenti dei due autisti iraniani, Mohammad Javad Jaafari e Mahin Falsafi, che proprio per non destare sospetti nella tratta finale del viaggio iniziato in Lombardia, avrebbero percorso strade secondarie utilizzando automezzi immatricolati in Turchia. Adesso i due autisti - che si sono detti alloscuro della «delicatezza» del materiale trasportato nonché della sua destinazione finale - sono in stato di fermo poiché non hanno chiarito fino in fondo le modalità del viaggio. Per quel poco che se ne sa, la «merce» sarebbe stata caricata vicino a Milano, in una fonderia collocata in una zona già considerata «dinteresse» dalla Procura di Varese che sta per chiudere linchiesta del 2001 sullacquisto di 60mila tubi dalluminio denominati t6-7075 da parte della società Atlantic del noto cittadino giordano, Hamel Hussein, già coinvolto in precedenti tentativi di procurement. Da qui la merce sarebbe passata per la Bulgaria eppoi in Turchia. La spedizione sarebbe stata organizzata da una insospettabile società dintermediazione turca, la Step Sa di Istanbul, il cui capitale sarebbe però controllato all80 per cento da personaggi iraniani. I tecnici del Taei (Ente turco per lenergia atomica) una volta ultimati gli accertamenti sul prodotto confiscato si sono detti «certi» della destinazione del carico: ovvero, i siti nucleari iraniani per la costruzione di centrifughe finalizzate allarricchimento delluranio. Lalluminio sequestrato - secondo le autorità centrali di Ankara e quelle periferiche di Agri (dove i tir sono stati fermati) - sarebbe indicativo dellaltissimo livello raggiunto dai tecnici iraniani poiché servirebbe ad alimentare le cosiddette «centrifughe p2» di ultimissima generazione, capaci di produrre uranio arricchito al massimo entro due anni.
Fonti dintelligence italiane confermano la vicenda, riferiscono di unattività segretissima andata avanti per mesi con un continuo scambio dinformazioni con gli 007 turchi, ma sullutilizzo che potrebbe essere fatto della partita dalluminio acquistata in Italia, prendono le distanze. Le «barre» oggetto della compravendita sarebbero state acquistate dagli iraniani per un fine diverso, sicuramente bellico. Due le opzioni: aeronautico o missilistico.
Ma cè di più. La società italiana finita nel mirino dei servizi segreti di mezzo mondo non avrebbe rispettato i rigidissimi protocolli di sicurezza previsti in materia di cessione di «materiale sensibile», e per questa sua «negligenza» sarebbe stata segnalata allautorità giudiziaria. La società si sarebbe difesa affermando di non aver venduto quel materiale a una società iraniana, e ciò corrispondere al vero vista la ragione sociale ufficiale dellacquirente. Ma nella denuncia alla magistratura si censurerebbe esplicitamente il comportamento dellazienda lombarda poiché, nella fase più calda delle indagini, avrebbe cercato di dimostrare lindimostrabile e cioè che quelle tonnellate di alluminio smerciato a barre non avevano certamente varcato i confini nazionali.
Sia come sia, la Turchia è in stato di allerta. È proprio di ieri la pubblica richiesta di «trasparenza» sui programmi nucleari sollecitata ai dirimpettai iraniani. Preoccupa la decisione di Teheran di riprendere le attività di arricchimento delluranio.
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