Benny Casadei Lucchi
Nellassurdità della vicenda, il caso umano è ormai evidente: Gerhard Plankensteiner è un perseguitato. Non pare infatti ancora terminata la via crucis post medaglia del ragazzone post asburgico, reo di aver risposto «non konozko kuella kanzone» al domandone supremo sullInno di Mameli. Da una parte incassa infatti lironica solidarietà della stampa altoatesina che lo difende e contestualmente prende per i fondelli chi in Italia si è scandalizzato; dallaltra incassa invece una nuova bacchettata sulle dita in chiave olimpica.
Lironica solidarietà arriva da due giornali in lingua tedesca, la Tageszeitung e il Dolomiten, che ieri hanno pubblico lInno italiano con la raccomandazione ai lettori di studiarlo subito. La Tageszeitung lo ha addirittura messo in apertura su sfondo tricolore e la dicitura «Da mandare a memoria» con editoriale allegato in cui si parla di «stupidità e razzismo». Il Dolomiten ha preferito offrire ai lettori il pacchetto completo: per cui Inno scritto e tradotto in tedesco con tanto di note a piè di pagina. Esempio: «Scipio era un eroe guerriero romano»; altro esempio: «La citazione su Legnano riguarda la battaglia in cui Barbarossa venne sconfitto». Quindi cita un messaggio di solidarietà rivolto allo slittinista e sottoscritto da tutti i giornalisti del quotidiano Alto Adige.
Non è finita. Gerhard Plankensteiner, o Gerardo, come vorrebbe farsi chiamare dora in poi per chiuderla lì e non pensarci più, pensava che ingoiare amaro, mandando giù lindigesto mea culpa per una colpa che in fondo sentiva di non avere, sarebbe bastato a calmare gli animi. Per questo allindomani dellapriti cielo sullInno aveva accettato di andare in tv per dire che «a fine gara ero stanco e nervoso, mi hanno fatto una domanda che non ho capito bene, nel rispondere ho commesso un errore, e ci mancherebbe altro che non conoscessi lInno di Mameli».
Gerardo, che è un precisino, e come lui lo sono i ragazzi della nazionale dello slittino, a scanso di equivoci ha però deciso che avrebbe fatto qualcosina di più.
Benny Casadei Lucchi
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