Gian Micalessin
Il Consiglio di Sicurezza - o meglio la minaccia di veto di Cina e Russia - ha salvato per questa volta la Siria dalle sanzioni. Ma per il regime di Damasco il difficile incomincia adesso. La risoluzione approvata ieri allunanimità dal Consiglio di Sicurezza della Nazioni Unite mette il presidente Bashir Assad con le spalle al muro. Da oggi la Siria se vuole evitare le sanzioni o conseguenze anche peggiori deve arrestare, tenere sotto custodia e facilitare gli interrogatori di chiunque venga indicato come sospetto dalla commissione dinchiesta che indaga sullomicidio del premier libanese Rafik Hariri. Inoltre la Siria deve contribuire al congelamento degli eventuali assetti finanziari dei sospetti e impedire la loro eventuale fuga allestero.
Doggi in poi, insomma il presidente siriano Bashar Assad deve decidere se concedere alla commissione dinchiesta la testa dei suoi più stretti collaboratori e di alcuni familiari o se invece arroccare e tentare unultima disperata difesa. In entrambi i casi il suo destino sembra segnato. Se sceglierà di collaborare dovrà offrire su un piatto dargento la testa del fratello Maher e del cognato Assef Shawkat, indicati come i principali sospetti nel rapporto presentato allOnu da Detlev Mehlis, il procuratore tedesco capo della commissione dinchiesta.
La mossa sul piano interno potrebbe equivalere a un suicidio istituzionale. Abbandonare al proprio destino il fratello Maher e Shawkat, il capo dellintelligence militare, considerato luomo più potente della Siria, significherebbe privare il regime di due delle proprie colonne, incrinare il patto di solidarietà tribale che garantisce il potere della setta Alawita degli Assad e permettere allopposizione interna di sollevare la testa. Non accettare il diktat imposto della risoluzione significherebbe esporre un Paese già stremato da uninsanabile crisi economica agli effetti devastanti delle sanzioni. E non solo. La mozione fatta approvare per volontà di Stati Uniti, Francia e Gran Bretagna nellambito dellarticolo sette della Carta delle Nazioni Unite può anche venir messa in atto con la forza. «Il Consiglio può se necessario considerare altre azioni», recita il testo approvato ieri.
Dunque su Damasco pende anche la spada di Damocle di un intervento militare. Fino a ieri Damasco ha potuto ancora far affidamento sullaiuto di Russia e Cina, due vecchi alleati sempre pronti a contrastare le mosse americane in sede Onu. Ma la minaccia di veto alla richiesta di sanzioni, seguito dalla rinuncia di Washington, Londra e Parigi, ben difficilmente potrà venir reiterata se Damasco risulterà colpevole o rifiuterà di collaborare. Dunque Bashir Assad ha guadagnato un po di tempo, ma è ben lontano dallaverla scampata.
La decisione di Usa, Francia e Gran Bretagna di non inserire nel testo della mozione la richiesta di sanzioni è arrivata dopo una cena al Walford Astoria Hotel nel corso della quale il segretario di Stato americano, Condoleezza Rice, ha cercato inutilmente di smussare le resistenze dei rappresentanti russo e cinese. Ma laver ottenuto lapprovazione nellambito del capitolo sette viene considerato comunque un successo. «La Siria non ha offerto alcuna spiegazione verosimile in risposta alle serie accuse che le vengono rivolte ha detto la Rice dopo il voto e ha invece cercato di liquidare il rapporto della commissione dinchiesta definendolo politicamente motivato».
Per il segretario agli Esteri britannico Jack Straw la risoluzione serve «a far capire al governo della Siria che la nostra pazienza ha dei limiti». Il regime siriano sembra in verità averlo già ben chiaro.
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