Gian Micalessin
Dopo il tiranno in mutande è la volta dei suoi gerarchi. Il Sun, il quotidiano popolare britannico che venerdì ha messo in subbuglio Washington e Bagdad sbattendo in prima pagina una foto di Saddam in boxer, ieri ha rilanciato. Accanto ad altre foto meno triviali del dittatore sono comparse le immagini di suo cugino Hassan al Majid, meglio conosciuto come Alì il Chimico, e di Huda Salih Mahdi Ammash, un'esperta biochimica soprannominata Signora Antrace. Assieme a Saddam finiscono insomma nella gogna mediatica anche i collaboratori che l'aiutarono costruire l'arsenale bio chimico utilizzato per massacrare i soldati iraniani e i civili curdi.
Alì il chimico, l'uomo che trasformò la città curda di Halabija in una camera a gas a cielo aperto uccidendone 5000 abitanti in una mattina, sembra un vecchietto nei bagni dell'ospizio. Seduto in accappatoio e asciugamano aspetta pazientemente il suo turno per la doccia. La signora Antrace, la scienziata che supervisionò la messa a punto degli arsenali chimici è una pensionata ricurva ed avvizzita sorpresa mentre s'aggira smarrita durante l'ora d'aria. La nuova immagine dell'ex dittatore ci mostra invece un Saddam in vestaglia bianca seduto dietro a del filo spinato.
Assieme alle foto si moltiplicano proteste e reazioni. Mentre Washington promette un'inchiesta per identificare i trafugatori d'istantanee la Croce Rossa Internazionale condanna la violazione della privacy dei prigionieri e il legale dell'ex rais annuncia querele per tutti. «Trascineremo in giudizio - ha detto l'avvocato Ziad al-Khasawneh capo del collegio di difesa - chiunque abbia contribuito a far apparire delle foto che si aggiungono ai crimini commessi ogni corno contro la popolazione irachena». Ma trovare il colpevole non sembra facile. Le immagini risalirebbero a più di un anno fa quando il dittatore era recluso con 110 detenuti nelle celle di Camp Cropper, il campo di detenzione nella zona dell'aeroporto.
Anche gli «interrogatori di tutto il personale avvicendatosi intorno alla cella di Saddam», promessi ieri da un portavoce, potrebbero rivelarsi inutili. Soprattutto se gli scatti provengono, invece, dalle telecamere di sorveglianza. Fonti americane a Bagdad osservano che la loro pubblicazione viola le regole militari e «forse anche la Convenzione di Ginevra per quanto riguarda il trattamento dei detenuti». Graham Dudman, direttore editoriale del Sun, continua intanto a sostenere che le foto sono state consegnate, in cambio di una «piccola somma», da un ufficiale americano convinto di contribuire così a distruggere il morale degli insorti. Di certo per ora hanno contribuito ad accrescere l'ostilità degli iracheni sunniti nei confronti di Washington .
Trent Duffy, portavoce della Casa Bianca, ha ammesso che le foto rischiano di provocare reazioni simili a quelle degli scatti sugli abusi nel carcere di Abu Ghraib. «Per questo - ha promesso - andremo fino in fondo per capire cosa sia successo e come sia potuto succedere».
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