Altro allarme in America: terrore sul bus

Negli Stati Uniti, la paura del terrorismo è arrivata ieri anche in provincia, dopo l’allarme per il mancato attentato di sabato a Times Square, a New York. Un autobus della linea Greyhound è stato circondato da agenti della polizia in tenuta antisommossa a Portsmouth in New Hampshire, per la segnalazione di un ordigno esplosivo a bordo. L’autobus, partito da Portland, in Maine, era diretto a Boston. A bordo del Greyhound 17 passeggeri. Tre isolati, nei pressi del luogo in cui l’autobus si è fermato, sono stati evacuati. L’allarme è scattato perché qualcuno a bordo dell’autobus ha chiamato il 911, innescando l’intervento della polizia e spingendo le autorità a fermare e circondare il bus.
Dopo la bomba di Times Square si sono moltiplicati i falsi allarmi negli Stati Uniti nelle scorse ore: un ponte chiuso nella notte a Manhattan, un jet richiamato al gate all’aeroporto Jfk di New York, l’autobus bloccato in New Hampshire dopo che un passeggero ha detto di avere con sé una una bomba. L’intera America è sul chi vive: c’è stato un falso allarme ieri anche all’aeroporto di Seattle, dove gli artificieri hanno fatto esplodere una valigia fumante. Dentro c’erano soltanto oggetti di elettronica e un caricatore. L’incidente ha costretto le autorità dello scalo a evacuare centinaia di persone dal terminal. Due voli Delta e due American Airlines hanno subito ritardi.
Due giorni fa, a New York era stata la volta del Triborough Bridge, uno dei più trafficati della città: un casellante, insospettito per un furgone fermo sulla corsia di emergenza, si è avvicinato e lo ha trovato abbandonato. Ha sentito odore di gas e ha chiamato la polizia. Il ponte, che collega i distretti di Manhattan, Queens e Bronx, è stato chiuso alle auto per un po’. Lunedì notte l’attentatore di Times Square, Faisal Shahzad, era riuscito a salire a bordo del volo 202 degli Emirati dove in extremis è stato arrestato. Ieri, sembrava che fosse successo il bis quando un jet della stessa compagnia è stato richiamato dalla pista di decollo all’imbarco per la presenza nelle liste dei passeggeri di un nome sospetto.
Il volo è stato fatto ripartire quando si è scoperto che l’individuo aveva un nome soltanto simile, non identico, a quello delle liste «no fly».
Intanto, i talebani pachistani hanno fatto sapere di non essere legati al 30enne.

«Non lo abbiamo addestrato», ha fatto sapere Azam Tariq, portavoce di Tehreek-e-Taliban Pakistan (Ttp), contattato telefonicamente dai giornalisti. Il ministro dell’Interno pachistano Rehman Malik, però, ritiene che Shahzad non abbia potuto agire da solo e che sia in qualche modo legato a gruppi estremisti locali.

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