da Cannes
La rivelazione di questo Festival sintitola Lartiste, è un film muto, è un film in bianco e nero e quando finisce ti rendi conto che il cinema è questa cosa qui, la recitazione e limmagine, la musica, il racconto scritto e lemozione che linsieme trasmette. «Tornate all'antico, sarà un progresso» diceva Giuseppe Verdi e nellepoca dei super effetti speciali, della terza dimensione e di ogni diavoleria possibile in stile Avatar è anche una lezione di semplicità e di umiltà.
LArtiste racconta la storia di una star hollywoodiana degli anni Venti, George Costantin, che larrivo del sonoro coglie non solo impreparato, ma contrario. Lui è un volto e un corpo, non una voce: emana luminosità e la trasmette, e tanto basta. Non è arrogante, ma è orgoglioso. Risultato: finirà travolto, professionalmente ed economicamente e arriverà sullorlo del suicidio. A salvarlo sarà lamore e un compromesso, quello che lo vede ritornare sulla scena cinematografica, interprete di uno scatenato numero di tip tap, con la sua nuova partner nelle scena come nella vita: per danzare non cè bisogno di parlare e lespressione sta nella fisicità.
Il film è un film francese, e già questo è significativo: il regista si chiama Michel Hazanavicius, da noi purtroppo sconosciuto, ma le sue parodie dei film anni Sessanta di OSS 117(lo 007 doltralpe), ne hanno fatto in patria un campione dincassi. Francese è Jean Dujardin, attore popolarissimo fra i suoi connazionali; Bérénice Bejo è invece argentina di nascita, ma francese delezione, nonché moglie dello stesso Hazanavicius. LArtiste è però anche un omaggio al cinema americano delletà del jazz, quando King Vidor, Lang, Murnau e Lubitsch sbarcano a Hollywood per girare le prime grandi produzioni, Hitchcock e John Ford muovono i primi passi, Billy Wilder debutta come sceneggiatore. È un omaggio che si avvale di grandi caratteristi, James Cromwell, John Goodmann, addirittura Malcom McDowell in un brevissimo cameo, e del décor che segnò quellepoca: la casa di Peppy Miller, lattrice che il parlato porta al trionfo e che sarà lancora di salvezza di Valentin, è quella di Mary Pickford, così come il letto in cui Valentin si sveglia dopo lincendio che gli ha distrutto la casa.
Ironico e malinconico, LArtiste non è una parodia né un pastiche, ma intelligentemente e con leggerezza recupera lo spirito di un mondo scomparso e lo fa rivivere sotto i nostri occhi. I due protagonisti, con dei volti così atemporali da poter incarnare perfettamente il tipo umano dallora, sono perfetti, così come le musiche che fanno da raccordo e da sottofondo, i costumi e uno script essenziale. Così lepoca di Douglas Fairbanks e di Joan Crawford, di John Gilbert e di Greta Garbo, si materializza di nuovo sulla scena con una freschezza stupefacente: è una gioia per gli occhi e per il cuore.
Hazanavicius ha avuto coraggio e incoscienza nel buttarsi in unimpresa così bizzarra e così pericolosa. «Jean Claude Grumberg, uno scrittore amico dei miei genitori, mi raccontò che una volta espose a un produttore lidea di fare un film su un divo del muto spazzato via dal sonoro. È formidabile, fu la risposta, ma ambientarlo negli anni Venti è troppo caro, non potremmo spostarlo negli anni Cinwuanta? Ecco, è ripensando a questa storia che ho cominciato a mettere a fuoco LArtiste e ho avuto la fortuna di incontrare un produttore come Thomas Langmann, che non confonde le date e si appassiona alle sfide. Naturalmente, non volevo fare un film realista, a me piace la stilizzazione della realtà, la possibilità di usare dei codici espressivi. Ora, il muto aveva delle regole precise: un numero ristretto di attori protagonisti, estrema linearità della storia. Mantenerli a petto della modernità odierna, con un pubblico molto più esigente di quello che segnò il trionfo di quellespressione artistica, non era facile. Spero di esserci riuscito».
Jean Dujardin è un George Valentin superlativo. «Se a un film togli la parola, gli resta egualmente lessenziale: la recitazione e lemozione pura. È sufficiente uno sguardo, un battito di ciglia perché questa sia palpabile e raggiunga lo spettatore».
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