Altro che gli europei. I veri schiavisti sono stati gli arabi

Angelo Allegri

I veri schiavisti sono stati gli arabi e non i bianchi occidentali. Anzi, di più: il mondo islamico «è il più grande e durevole sistema schiavistico del mondo» e «la conquista coloniale dell’Africa» da parte degli europei nei secoli passati può essere considerata come un «intervento umanitario». Provocazioni? Niente affatto, secondo Egon Flaig, docente di storia all’università di Rostock, che ne ha fatto la tesi centrale del suo ultimo libro, «Storia mondiale della schiavitù» e che ha aperto l’ultimo fronte del revisionismo in terra tedesca. La pubblicazione del testo ha avuto in Germania l’effetto di una bomba. Giornali liberal come l’amburghese die Zeit o la Süddeutsche Zeitung di Monaco di Baviera hanno aperto una polemica durissima. Andreas Eckert, docente all’università di Berlino, ha accusato il collega di aver scritto una sorta di «libro nero dell’islam» aggiungendo che «più la descrizione di Flaig si avvicina all’epoca moderna, più ardite sono le sue tesi». La Süddeutsche Zeitung ha parlato di «scandalo» e di «contributo alla polemica e non all’informazione». In difesa del libro, sia pure con qualche distinguo, è intervenuta la Welt (centrodestra) e il risultato è che la stessa Welt ha paragonato la contesa a quell’Historikerstreit (controversia tra storici) aperta una ventina d’anni fa da Ernst Nolte che, parlando di «guerra civile europea», sottolineò legami e somiglianze tra nazismo e stalinismo.
Le tesi di Flaig partono da un numero: nel corso dei secoli 11 milioni sono stati gli schiavi negri spediti dall’Africa in America, 17 quelli deportati nei Paesi arabi. La caccia alle popolazioni dell’Africa nera è iniziata contemporaneamente all’espansionismo islamico ed è stata elemento costitutivo di tutte le occupazioni musulmane nella storia: dalla Spagna, all’Africa del Nord, fino all’Asia centrale. Ovunque gli islamici siano arrivati la tratta di esseri umani ha assunto un ruolo fondamentale sia in termini sociali sia economici. E in molti regni musulmani la presenza di reparti di truppe di élite reclutate tra gli schiavi (dai mammalucchi egiziani ai giannizzeri ottomani) è stata pilastro fondamentale per il mantenimento delle strutture politiche islamiche. Al centro del commercio di carne umana slavi, popolazioni caucasiche, cristiani, e soprattutto neri.
Secondo il libro lo schiavismo musulmano è stato propedeutico a quello occidentale: «Solo questa struttura funzionante e collaudata ha consentito ai portoghesi prima, ad olandesi, inglesi e francesi poi, di procurarsi in Africa i rifornimenti di esseri umani da impiegare nelle loro piantagioni nel Nuovo Mondo». E il triangolo del commercio umano tra Africa, Stati Uniti ed Europa, in cui lo zucchero e altre materie prime finivano dall’America nel Vecchio continente e da qui partivano merci e beni di consumo verso l’Africa, ha il suo esatto corrispondente nell’Oceano indiano nei traffici tra mondo arabo, Africa e India.
Quanto a Flaig in passato ha dimostrato che le polemiche non lo spaventano. Nel 2006 scrisse un articolo sulla Frankfurter Allgemeine Zeitung, il giornale di Francoforte, caposaldo del conservatorismo tedesco, in cui si scagliava contro tutto il pensiero dominante sul mondo islamico e che gli provocò un diluvio di critiche. Nel mirino finì chi contribuiva a diffondere la «favola» di un islam «tollerante» e deformato solo da alcune interpretazioni estremistiche. Al contrario, sosteneva Flaig, l’islam non è una religione come le altre, ma appoggiandosi alla lettera dello scritto coranico, è orientata al tentativo di conquistare, per di più con mezzi violenti, la supremazia mondiale».

Non cogliere questa verità, scriveva Flaig, significa «indebolire quegli intellettuali arabi, che seriamente lavorano a quella riforma dell’islam moderato iniziata in maniera così promettente nel diciottesimo secolo» e che tentano di «depoliticizzare l’islam radicale».
Angelo Allegri

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