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Altro che «magnagati», i vicentini si sono mangiati anche l'orso Dino

Un imprenditore padovano avrebbe confessato al «Giornale di Vicenza» di essere stato invitato a una cena a base di carne di plantigrado. L'animale, molto popolare nel nord est, sarebbe stato punito per aver devastato venti arnie e mangiato il vitello a un allevatore che l'avrebbe così sottoposto alla «pena del contrappasso»

Altro che «magnagati» i vicentini si mangiano anche gli orsi. Almeno stando alla dichiarazione alle dichiarazione fatte al «Giornale di Vicenza» da un cacciatore invitato da un amico con cui condivide la passione venatorie a una mangiata a base di «spezzatino d'orso». A finire in pentola in particolare Dino, un plantigrado piuttosto popolare per le sue scorribande in tutto l'arco alpino Orientale. Punito, sembra, per aver a sua volta ucciso e mangiato un vitello.
Dunque, secondo quanto riferito dal cacciatore «pentito» Dino sarebbe stato abbattuto nelle Alpi Venete in Val Capra, nei pressi di Gallio sull'altopiano di Asiago, nel vicentino. E che sia davvero finito in pentola è qualcosa di più della solita leggenda metropolitana, pardon montanara: l'orso non dà notizie di sé ormai da quasi tre mesi. L'ultima volta infatti fu fotografato a Tarvisio il 2 giugno, non lontano dalla frontiera con la Slovenia. L'animale in quell'occasione passò davanti a una trappola fotografica che lo riprese bene mostrando con evidenza le marche auricolari gialle che erano state poste sulle sue orecchie in occasione della cattura dello scorso ottobre. E non risulterebbero momento altri esemplari di orsi marcati in quella maniera. E gli esperti sostengono che sia pressoché impossibile che Dino in tutte queste settimane abbia attraversato due regioni senza essere notato.
Il Corpo forestale dello Stato aprirà ora sul «giallo» un'inchiesta destinata al procuratore capo della repubblica di Bassano del Grappa (Vicenza), competente per il territorio dell'Altopiano di Asiago. L'iniziativa è stata anticipata dal comandante provinciale Daniele Zovi, che sta seguendo la vicenda assieme al comandante del distretto dei Sette Comuni Isidoro Furlan.
Dino ha (o forse è meglio dire «aveva») tra i 4 e i 6 anni, pesa poco meno di 200 chili e non era stato «reintrodotto» nel territorio italiano, ma era arrivato spontaneamente dallo Slovenia. Identificato geneticamente come «M5» l'anno scorso fu catturato in val Canali a Primiero e munito di radiocollare che ha però smesso di trasmettere da febbraio, poco dopo la fine del letargo. Da allora è stato avvistato qua e là, fra Trentino Lessinia e Altopiano di Asiago, lasciando una scia di animali sbranati. Poi più nulla. Finché «Il Giornale di Vicenza» non ha raccolto la testimonianza di un imprenditore padovano amante della caccia, che ha raccontato di essere stato invitato a una cena, a cui non si è sentito di partecipare, a base di orso. L'animale sarebbe stato ucciso con una fucilata al cuore i primi giorni di luglio da un allevatore a cui Dino aveva devastato una ventina di arnie e azzannato un vitello uccidendolo.
«Se confermata, la notizia è grave - commenta ora Damiano Di Simine, responsabile dell'Osservatorio Alpi di Legambiente - Non potrebbe esserci nessuna tolleranza né giustificazione per un simile gesto. Parliamo di una specie gravemente minacciata, su cui da anni è in atto un formidabile sforzo di ripopolamento, in quanto l'orso svolge un ruolo chiave per l'ecologia degli spazi alpini».

Aggiunge Antonio Nicoletti, responsabile nazionale aree protette di Legambiente: «Il bracconaggio è una piaga nel nostro Paese e non deve essere sottovalutato, anche perché esso espone a gravi pericoli anche i turisti e i frequentatori degli ambienti naturali».

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