Un altro Titanic nell’Antartico

Era appena passata la mezzanotte, faceva un freddo polare e sembrava di essere sul Titanic. E quando le 2400 tonnellate dell’Explorer dopo aver sbattuto contro un iceberg hanno cominciato ad imbarcare acqua e ad andare giù i cento passeggeri a bordo e i 54 membri dell’equipaggio hanno avuto la certezza di trovarsi a bordo del Titanic e si sono buttati sulle scialuppe di salvataggio calate in mare novanta minuti dopo il primo Sos. Certo, un Titanic da crociera, di fabbricazione finlandese, proprietà canadese e bandiera panamense, che da quasi quarant’anni porta a spasso clientela piena di soldi e tempo da spendere, seimila euro a testa compreso il volo Ushuaia-Buenos Aires, sulle gelide acque dell’Antartico. Ma tanto basta per avere una paura da film kolossal.
Le Explorer è andata a sbattere sull’iceberg mentre navigava placida, mare calmo, vento forza zero, a sud dell’Argentina, vicino a King George Island, la principale isola delle Shetland Australi, remoto arcipelago che si estende nel Mare di Weddell, al largo della Terra di Graham dove sorge la base scientifica «Teniente Marsh», una di quelle che il Cile possiede nel Continente Bianco. L’urto ha aperto una falla di dimensioni minime, 25 centimetri per 10, praticamente una crepa delle dimensioni di un pugno, ma abbastanza per farla inclinare di 25 gradi e metterla a rischio di affondamento.
Il capitano Rodrigo Vattuone della Marina Militare cilena, uno dei primi ad arrivare lì, ha spiegato che comunque non è detto che alla fine l’Explorer affondi «perché nelle ultime ore è rimasto inesorabilmente stabile». Cioè ne su nè giù. In ogni caso «stiamo cercando di prevenire i danni ambientali e di contenere un eventuale inquinamento». La sorte è segnata ma non c’è di che preoccuparsi: «Il combustibile dell’Explorer è diesel, per cui è altamente volatile».
L’allarme è scattato subito e oltre alla guardia costiera britannica, i migliori in operazioni di questo genere, si sono mobilitate per i soccorsi anche le autorità marittime di Argentina, Cile e Stati Uniti. Tutti salvi compresi il capitano e il primo ufficiale, gli ultimi, come tradizione, ad abbandonare la nave, e nemmeno un caso di ipotermia. Li ha raccolti a bordo una nave norvegese, la Nordnorge, il capitano Arnvid Hansen li ha vestiti e rifocillati con dei buoni pasti caldi. Comitiva prevalentemente britannica e olandese, ma con americani, austrialiani, canadesi, tre cinesi e nessun italiano.
I guai però cominciano adesso: una pubblicazione dei Lloyd rivela che nel corso dell’ultima ispezione erano stati trovati almeno cinque difetti a uno dei portelloni stagni, che il giornale di bordo avrebbe indicato addirittura come «non necessari». Gli ispettori avevano inoltre segnalato problemi all’impianto anti-incendio, una carente manutenzione delle scialuppe di salvataggio e la mancanza a bordo di qualsiasi velivolo per ricognizione e salvataggio. Non solo. Nel marzo scorso sei differenti vizi erano stati riscontrati pure dalle autorità cilene.

Ciò nonostante non risulta che l’Explorer sia mai stato messo sotto sequestro. Il personale di bordo ha minimizzato i guasti e dato tutta la colpa alla fatalità. Ma è una difesa, a dirla tutta, che fa acqua da tutte le parti.

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