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«Un alunno modello amato dai professori»

«Un alunno modello amato dai professori»

Nino Materi

Dice la maestra: «Era imbattibile a fare i conti». Ma questa volta Guglielmo Gatti i conti li ha sbagliati clamorosamente. A lui, bravissimo in matematica, la complessa equazione del delitto perfetto non è riuscita. Adesso - forse per rendere ancora più stridente il conflitto tra il bene e il male - vengono fuori testimonianze che descrivono il «mostro» come un «genio». Una vivacità intellettuale che, dopo la «brutta esperienza» del servizio di leva, si spegne lentamente fino ad atrofizzarsi in una quotidianità fatta di noia e apatia. E di una laurea mai presa, a dispetto del brillante esordio tra i banchi.
Si comincia dalle elementari: «Intelligentissimo. Guglielmo è sempre stato promosso con 9 e 10 in ogni materia», ricorda la maestra Domenica Tassi.
Si prosegue al liceo scientifico: «Lo studente Gatti? Il migliore della sua classe, uno talmente bravo che, su richiesta dei professori, saliva persino in cattedra a spiegare ai compagni», testimoniano i suoi insegnanti di allora.
Inizio col botto anche all’università, facoltà di Ingegneria: «I primi cinque esami, tutti 30 e lode», conferma un suo collega di corso.
Ma vediamo in dettaglio il curriculum scolastico di quello che viene indicato oggi come lo spietato killer dei suoi due zii. Delle «pagelle d’oro» conseguite durante i primi cinque anni di alunno modello, abbiamo già detto. Ricca di particolari è la «scheda valutativa» conservata nell’archivio del liceo scientifico Luzzago di Brescia dove Guglielmo, che frequentava la V B, conseguì nell’82 il diploma di maturità «con la votazione di 58 sessantesimi»: il punteggio più alto in una classe di 25 studenti.
«Era il migliore - spiega all’agenzia Ansa, Franco Gussalli Berretta, compagno di liceo di Gatti e amministratore delegato della holding del gruppo armiero Beretta -. Era una persona assolutamente normale, ma aveva delle grandi doti di studio; nelle materie tecnico-scientifiche ci batteva tutti».
Nessuna riserva pure sotto il profilo caratteriale: «Un ragazzo molto tranquillo, per nulla aggressivo. Il tipico primo della classe, sempre in orario, in prima fila, adorato dai professori e simpatico ai compagni».
«Dopo il liceo - aggiunge Beretta - ci eravamo iscritti insieme all’università di Brescia. Anche lì il suo inizio fu brillante: alla prima sessione di giugno-luglio aveva dato tutti e cinque gli esami prendendo come voto sempre 30 e lode. Dopo ho cambiato ateneo e di lui non ho perso le tracce».
Positivo anche il ricordo di un'altra sua compagna di liceo: «Era un giovane riservato ma tutt’altro che cattivo. Nonostante il carattere un po’ introverso non evitava gli amici e ha sempre partecipato alle cene e alle gite di classe. Semplicemente amava studiare, era la sua passione, forse anche un segno di maturità. Comunque non ha mai dato l'idea della persona complessata. Spero ancora tanto che non sia stato lui».


Una speranza, oggi, flebile più che mai.

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