La Regina del Circo: così, con le maiuscole. Moira Orfei è stata questo e per gli italiani resterà sempre il volto simbolo di un universo fatto di tendoni, colori, clown, acrobazie e (un tempo) animali selvaggi. Nel decennale della scomparsa (avvenuta il 15 novembre 2015), Milano ospita "Moira per sempre", un cartellone di ben nove giorni dal 19 al 28 novembre curato da Alessandro Serena (nipote di Moira) e realizzato da Mosaico Errante, tra le principali compagnie di teatro-circo in Italia. In città sono attesi flash mob e performance come il gran finale del 28 (ore 15, "Cento e più Moira" con artisti internazionali e decine di persone vestite da Moira Orfei). Non manca un convegno intitolato "Giornate di studio sull'arte circense", articolato in 4 giorni in Università Statale, a partire dal 24 novembre (info su programma al sito Moirapersempre.it). Tra i partecipanti al convegno il primo giorno nella tavola rotonda "Moira per sempre" c'è nientemeno che Arturo Brachetti, fuoriclasse del trasformismo e dell'illusionismo, star internazionale sui più importanti palcoscenici del mondo.
Maestro Brachetti, ci dà una definizione di Moira Orfei?
"Direi senza dubbio l'icona perfetta. Come le grandi dive di una volta, quelle del cinema muto come Gloria Swanson, o come Wanda Osiris e Carmen Miranda. Erano artiste che non smettevano mai il personaggio, anzi vi aderivano. Non abbiamo mai visto Moira Orfei senza il suo trucco, la sua capigliatura corvina. Come dico sempre, solo i fortunati diventano i sogni di sé stessi. Lei è stata così. Lo so bene perché anche io appartengo alla categoria".
Quali sono stati gli incontri ravvicinati del terzo tipo con la mitica Moira?
"Del secondo tipo fu a 13 anni, la prima volta che mi apparve. Ero andato con mia madre a vedere uno dei suoi show circensi sul ghiaccio. Si presentò, a cavallo di un cigno tra nubi magiche. Una semi-dea".
O per l'appunto una regina. Un ruolo che talvolta interpretò al cinema. Pietro Germi diceva che, se avesse studiato recitazione, sarebbe potuta diventare una nuova Loren.
"Difatti veniva sempre doppiata, ma la sua presenza bucava lo schermo. Un ricordo vivo che ho di lei è nel film peplum degli anni '60 "Maciste l'uomo più forte del mondo": Moira interpretava la regina Halis Mosab e ai suoi piedi aveva una bella schiava: era Raffaella Carrà. La magia del cinema che può tutto: due icone nella stessa scena. C'è poi quella serie di fotografie pazzesche di Moira a Milano, vestita in bianco, che cammina sotto gli occhi voraci di una folla di uomini".
E l'incontro di persona?
"Molti anni fa, io ero già in giro per il mondo coi miei show. Un amico di Livorno mi portò nel backstage di un suo spettacolo al circo: era, inutile dirlo, ancora in abiti sciantosi ma, siccome c'era stata parecchia pioggia, aveva ai piedi gli stivali di gomma. Ricordo le unghie lunghissime, non poteva maneggiare gli oggetti nel camerino. Eravamo felici di conoscerci".
A cosa si deve la trasversalità di un personaggio come
Moira Orfei?"Amata dai bambini, sex symbol per gli adulti, icona da interpretare per le drag queen, Moira arrivava a tutti. Io penso che ognuno di noi dovrebbe essere, almeno per un'ora della sua vita, Moira Orfei".