Amato: "Picchiare le donne, tradizione siculo-pakistana"

Il ministro dell'Interno ricorda che "la società patriarcale e maschilista era tipica della Sicilia fino agli anni '70". Poi ridimensiona: "Parlavo di una realtà che per fortuna oggi non esiste più".  La Prestigiacomo: "Straparla, smentisca o querelo"

Amato: "Picchiare  
le donne, tradizione  
siculo-pakistana"

Roma - Picchiare le donne fa parte di una tradizione siculo-pakistana. Non gira intorno alle parole il ministro dell'Interno Giuliano Amato, intervenendo ad un convegno su Islam e integrazione: "Nessun Dio autorizza un uomo a picchiare la donna. È una tradizione siculo-pakistana che vuole far credere il contrario". Secondo il ministro, l'integrazione "passa anche di qua: attribuire alla tradizione ciò che appartiene alla tradizione che non vuol dire negare Dio" ma semmai "l’io" che domina negli atteggiamenti patriarcali e maschilisti.

Maschilismo fa parte della nostra storia Amato ha più volte ricordato come solo fino agli anni '70 si trovavano in Sicilia costumi e tradizioni non molto distanti da quelle che ora in Italia sono importate dagli immigrati di certi gruppi musulmani. "Dobbiamo evitare di imputare a Dio - ha ribadito - il Dio dei cristiani e dei musulmani, che in realtà e lo stesso, ciò che è da imputare invece agli uomini".

"Non esiste il noi contro gli altri" Il ministro dell'Interno ha poi sottolineato come sia necessario evitare, quando pensiamo agli immigrati e in particolare ai musulmani, di avere di fronte dei "blocchi umani" invece che singole persone. "Non esiste il concetto noi contro gli altri - ha sottolineato - se lo deve cacciare fuori di testa tutto l'Occidente: ognuno di noi è diverso e questo è importante soprattutto quando si parla di Islam", ha evidenziato ricordando come questa religione non abbia una autorità gerarchica unica ma una pluralità di voci al suo interno. "Noi siamo gelosi della nostra identità e ciascuno ha diritto alla sua".

Poi tenta di ridimensionare "Da figlio di famiglia siciliana, da bambino ho conosciuto una Sicilia che, insieme alle tante cose positive che amavo, era anche la tradizione patriarcale e maschilista cui ho fatto riferimento". Rientrando al Viminale, il ministro dell’Interno, Giuliano Amato, puntualizza con i cronisti il senso del suo intervento, seguito da forti polemiche. "Ci sono capolavori del cinema e della letteratura su questo - ricorda il ministro -. Per fortuna, come ho detto questa mattina, dagli anni ’70 quell’aspetto della Sicilia non esiste più".

Prestigiacomo: "Amato straparla" L'ex ministro delle Pari opportunità risponde con durezza alle parole del ministro dell'Interno: "Amato straparla. Chieda subito scusa ai siciliani o lo querelo".

La Russa: "Serivilismo culturale" Secondo Ignazio La Russia la frase di Amato è "servilismo culturale". "Pur di non urtare la sensibilità degli interlocutori islamici ad un recente convegno il ministro Amato non si fa scrupolo di attribuire ad una non meglio precisata comune tradizione 'siculo - pakistana', l’origine del convincimento che sia Dio a permettere (o addirittura a volerlo) che l’uomo picchi la donna", specifica il capogruppo di An. Che conclude: "Accostare ogni eventuale aberrante comportamento maschilista italiano (di cui la Sicilia è parte, onorevole Amato) con la tradizione pakistana, quella sì fondata sulla pretesa obbedienza ad un dettato religioso è una operazione inaccettabile che Amato compie per servilismo culturale incurante dell’offesa che arreca al nostro popolo e al suo sentimento religioso".

Bondi: "Forse pensava di essere immune dall'impazzimento" "Lo stesso Amato profeticamente aveva sostenuto l’impazzimento dell’Italia, pensando di esserne personalmente immune". Lo ha dichiarato il coordinatore di Forza Italia, Sandro Bondi, commentando le parole del ministro dell’Interno.

Le donne marocchine in Italia "Oggi ho imparato una cosa nuova dell’Italia: che negli anni Settanta in

Sicilia sgozzavano le ragazze con la testa rivolta verso La Mecca. Nel mio paese, il Marocco, non succedeva neanche quaran’anni fa". Reagisce così Souad Sbai, la presidentessa dell’Associazione donne marocchine d’Italia.

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