Ambiente, fronte comune delle compagnie petrolifere

Ambiente, fronte comune delle compagnie petrolifere

Sviluppo sostenibile e tutela ambientale: impossibile perseguire l’uno senza provvedere contestualmente anche all’altra.
Ecco allora il controllo delle emissioni di C02 per contrastare il cambiamento climatico e l’impegno comune delle compagnie petrolifere ad accelerare ricerca e innovazione sulle fonti rinnovabili ed elevare l’efficienza energetica dei sistemi di generazione. In un tale contesto si colloca il programma di ricerca di frontiera lanciato dall’Eni che ha attivato due promettenti filoni nel campo del solare e dei biocarburanti.
Il primo punta da un lato su semiconduttori organici e nanotecnologie applicabili a sistemi fotovoltaici non convenzionali e sulla produzione diretta di idrogeno da acqua, e dall’altro mira a sviluppare su scala industriale la tecnologia del solare termico a concentrazione o CSP (Concentrated Solar Power) per la generazione di energia elettrica.
Il secondo filone riguarda i biocarburanti, che stanno conquistando un posto di primo piano nella ricerca di alternative ai combustibili fossili, sulla spinta degli elevati prezzi del petrolio, delle possibili ricadute occupazionali nel settore agricolo e dell’allarme sull’inquinamento locale e globale. Su quest’area è fortemente impegnata anche Shell, la prima a investire su biocarburanti di seconda generazione come quelli che trattano gli scarti delle attività agricole e forestali per ricavare cellulosa-etanolo, combustibile capace di abbattere il 90% delle emissioni di CO2, pronto per essere miscelato alle benzine con costi e performance migliori dell’etanolo convenzionale. Un altro fronte aperto dalla compagnia anglo-olandese corrisponde a una specifica tecnologia Btl (Biomass to Liquid), già applicata negli stabilimenti delle industrie Choren in Germania (di cui sono di recente divenute azioniste di minoranza Volkswagen e Daimler) per produrre biocarburanti sintetici: 15mila tonnellate annue a partire dal 2008, in grado di alimentare i motori di 15mila autovetture. E se la ricerca sul solare ha portato Shell ad avviare joint venture per fabbricare pannelli solari di nuovo tipo basati su materiali Cis (Copper Indium di-Selenide), da parte sua Eni, i cui investimenti complessivi a sostegno dell’innovazione tecnologica di qui al 2010 sfioreranno il miliardo e mezzo di euro, ha allo studio centrali ibride CSP-gas naturale, associabili a impianti di dissalazione dell'acqua di mare.
In generale, la sfida principale per il fotovoltaico consiste nel renderne la tecnologia competitiva e più efficiente: il costo dell’energia elettrica così prodotta è infatti 4-10 volte maggiore di quella generata con i combustibili fossili e se è vero che in Germania sono in funzione impianti fotovoltaici per oltre 800 Mw (più di 25 volte la potenza installata in Italia), il loro peso sul totale dell’energia elettrica prodotta si aggira comunque su valori prossimi allo 0,1%, mentre carbone e nucleare contribuiscono per più dell'80%.
Ma l’innovazione tecnologica guarda anche ad applicazioni che migliorino l’esistente e nuove soluzioni sono disponibili per aumentare il tasso di recupero degli idrocarburi e per raffinare oli pesanti e non convenzionali, così da ridurre i gas serra. Allo stesso modo non solo si punta sull’individuazione di fonti di energia complementari alle fossili e si alimentano progetti di lungo termine nel campo della produzione di biocarburanti e di idrogeno da idrocarburi, ma si lavora anche alla cattura e al sequestro della CO2. Innanzitutto quella prodotta dalla combustione di fonti fossili (carbone, petrolio e gas naturale), che oggi è possibile comprimere, iniettare e stoccare nelle cavità del sottosuolo, specie i giacimenti esauriti, senza che ne fuoriesca. Ancora una volta lo scoglio principale è il costo, pure nei processi di produzione caratterizzati dalle emissioni più elevate, come la generazione di energia elettrica dal carbone: si lavora sulle tecniche di gassificazione, prima che venga bruciato, per ottenere centrali «pulite». Non c’è dubbio che i combustibili fossili, considerandone il crescente impiego da parte dei Paesi emergenti (in Cina e India sono previste 800 nuove centrali a carbone entro il 2012), continueranno a dominare gli scenari energetici ancora a lungo. E limitarne le emissioni rappresenta un imperativo categorico. Tradotto in cifre, per stabilizzarle nei prossimi 50 anni bisognerà evitare il rilascio nell'atmosfera di 175 miliardi di tonnellate di carbone combusto. E la cattura della CO2 accanto alla riduzione dei costi operativi sono al centro di un progetto avviato congiuntamente da otto giganti dell’energia (Bp, Chevron, Eni, Norsk Hydro, Suncor, Shell, ConocoPhillips e Br) per sviluppare metodi di immagazzinamento più economici e sicuri.
Nel frattempo, le raffinerie dell’Eni hanno ridotto i consumi energetici di 90 ktep annue e la produzione di energia elettrica che sfrutta gas naturale e ciclo combinato cogenerativo emette 386 grammi di CO2 per Kwh prodotto, contro una media italiana di 582 ed europea di 700.

Infine, anche gli schemi di Emission trading possono contribuire ad attenuare l’impatto e le compagnie petrolifere si sono dotate di sistemi per contabilizzare le emissioni e valutare i progetti di riduzione in ragione del valore di mercato della CO2.

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