Corso Barabino, alle tre di una notte di fine gennaio. Il semaforo è verde e la moto scivola tranquilla verso il centro città, quando improvvisamente, a sirene silenziose, da via della Libertà ignorando un rosso fulminante le piomba addosso unambulanza a tutta velocità. Il motociclista, titolare di un bar nel levante, nonostante la stanchezza e la sorpresa riesce appena a sterzare tanto da evitare di essere falciato. Ma lambulanza lo prende e lui cade rovinosamente a terra. La situazione sembra grave: i due militi a bordo dellambulanza fantasma scendono e lo soccorrono. Il ferito è polifratturato e viene ricoverato - cè da dire che più presto non si poteva - al pronto soccorso del Galliera, dove gli accertamenti medici ne scongiurano il pericolo di vita. Ma non gli tolgono una prognosi di trenta giorni per le fratture alle costole e diversi ematomi. «Lambulanza era senza sirene e non trasportava alcun ferito - spiega lavvocato penalista Umberto Pruzzo, che cura gli interessi del barista ferito -, si è poi saputo, in base agli accertamenti che abbiamo effettuato in seguito, che nemmeno aveva urgenza di arrivare a prestare un soccorso. Correva e basta. Ma la legge e il codice della strada dicono chiaramente che, per bruciare i semafori, le automediche devono avere sirene e lampeggianti accesi, altrimenti si rischia quanto è successo al mio cliente».
E non è tutto. Pruzzo vorrebbe anche capire come mai, subito dopo lincidente, sia stato effettuato il test alcolemico solo al suo cliente, ma non a chi guidava lambulanza. «Il mio cliente ci è rimasto male anche perché i due signori a bordo dellambulanza lhanno sì portato allospedale, ma poi non gli hanno mai telefonato per chiedergli come stava, per tentare una scusa», dice Pruzzo. Che vuole anche invitare a una riflessione che valga per tutti.
Intanto, mentre i periti assicurativi hanno già svolto gli accertamenti del caso, va avanti anche il processo per lesioni colpose. E le udienze ci saranno nei prossimi giorni.
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