In assenza di misure drastiche di riequilibrio dei conti federali, gli Stati Uniti rischiano di perdere la tripla A delleccellenza finanziaria ancora prima dei due anni indicati da Standard&Poors. Allindomani della decisione con cui lagenzia di valutazione ha abbassato loutlook sul rating Usa da stabile a negativo, Gregorio De Felice, capo economista di Intesa Sanpaolo, non esita a parlare di «situazione insostenibile» anche se «lallarme non è immediato» e non cè alcun rischio di un default a stelle e strisce.
Dottor De Felice, quella di S&P è stata una mossa senza precedenti, seppur forse a scoppio ritardato. È daccordo?
«Direi di sì. Finora, tutti hanno finto di ignorare una situazione insostenibile sotto il profilo finanziario solo perché il dollaro è una valuta di riserva. Ma il warning di S&P è un atto doveroso, il certificato dellirrisolta crisi del debito Usa. Oggi lAmerica è perfino più vulnerabile rispetto al periodo della grande crisi. La crescita del debito federale ha più che compensato il calo di indebitamento delle famiglie, e ancora non si vede un piano serio di correzione dei conti pubblici».
In altre parole, se sotto la lente ci fosse stato un Paese diverso dallAmerica, S&P non si sarebbe limitata a un semplice avvertimento...
«A un piccolo Paese sarebbe stato senzaltro riservato ben altro trattamento. In ogni caso, se le cose non dovessero migliorare, il rischio di un taglio del rating è più vicino rispetto ai due anni indicati da S&P».
Intanto cè il fondato rischio che a metà maggio il debito americano superi il tetto dei 14.300 miliardi di dollari imposto dalla legge, costringendo il Congresso ad approvarne in tutta fretta un aumento.
«Servono scelte coraggiose, e uno spirito bipartisan che mi pare non particolarmente presente allinterno del Congresso. Il grande tema è cosa fare delle due voci più importanti di spesa che rappresentano il 15-20% del Pil, ovvero la previdenza e la sanità».
Obama ha già detto: giù le mani da sanità e previdenza.
«Allora, dovrà trovare altri fondi. Il che significa più tasse. Non sarà facile».
La Cina ha richiamato Washington ad adottare misure responsabili per proteggere gli investitori. Non cè il rischio che lo status cinese di primo detentore di T-bond diventi unarma di ricatto in sede di negoziati su valute e commercio?
«Un vecchio adagio dice: se ho un dollaro di debito, il problema è mio. Se ho debiti per un miliardo di dollari, il problema è del creditore. Pechino ha unesposizione pari al 30% del debito Usa, così forte che non può smettere di comprare titoli americani. Leffetto boomerang sarebbe garantito».
Federal Reserve: che gioco sta facendo Bernanke?
«Il gioco del governo: allargando i cordoni della liquidità, contribuisce al disavanzo estero e mantiene ampio il deficit fiscale».
Unultima parola sulla Grecia: rischia davvero la ristrutturazione del debito?
«Le quotazioni incorporano questa ipotesi, anche in ragione di sforzi sempre più difficili da sostenere per Atene. Certo, un riscadenzamento del debito sarebbe devastante per le banche elleniche, cariche di bond: servirebbero nuovi aiuti».
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