di Luca Beatrice
Con il crollo del muro di Berlino e la fine del blocco comunista a Est, sembravano venuti meno tutti quei simboli e quelle iconografie legate allo stile modernista e alle grandi ideologie novecentesche.
Eppure, a distanza di pochi anni, si è diffuso nella cultura e nella moda una sorta di sentimento nostalgico -la Ostalgie - proprio per quelle effigi: linsegna del vecchio teatro di Berlino Est, larchitettura razionalista nei famigerati edifici della Stasi, la maglietta numero 14 della Ddr indossata da Juergen Sparwasser quando, al mondiale 1974, sconfisse i prossimi campioni della Repubblica federale tedesca, di Muller, Maier e Beckenbauer.
Non di anni ma di mesi si parla invece a proposito delladdio allItalia di Jose Mourinho allItalia, e già siamo in molti, interisti e no, a provare un nuovo sentimento, la Moustalgia, per lunico, funambolico e formidabile personaggio piombato nel nostro calcio nellultimo decennio. Manca certo alla sua ex squadra, vieppiù dopo la storica triplete che anche gli avversari più aspri hanno dovuto riconoscere e onorare. E pure gli altri, i nemici sportivi, soffrono lastinenza delle sue performance in panchina, delle teatrali conferenze stampa, delle interviste imprevedibili, degli straordinari cappotti indossati con classe e nonchalance, altro che divisa sociale ingessata.
Impossibile oggetto del desiderio per uno juventino - primo perché costa davvero troppo, non potremmo mai permettercelo, secondo perché mal sopporterebbe leventuale fascino della vecchia tradizione sabauda - Mou ha modificato radicalmente la figura dellallenatore, spingendo i colleghi nella banalità e nellinattuale. Bene hanno fatto Carlo Ancelotti e Roberto Mancini - gli unici rimasti ad avere vinto in Italia - a emigrare in Inghilterra. Con José sarebbe stata comunque partita persa aldilà dello score: troppo stiloso, troppo fashion, troppo avanti rispetto a tutti gli altri.
Aveva ragione Mou a prendersela con lo stucchevole buonismo e la modestia tattica di Claudio Ranieri, uno a cui quando si palesa loccasione di passare alla storia la rimanda al mittente, ma anche a difendere linesperto Ferrara (uno dei pochi che è riuscito a sconfiggerlo) dalla gogna mediatica, o elogiare il gioco del Genoa di Gasperini. Quando cera lui comandava lui e, soprattutto, parlava solo lui. Ora che se ne è andato lInter è tornata la squadra di Moratti, uno che dai media riesce solo a farsi fraintendere, sono tornate le vecchie gaffe, le solite uscite inopportune, il consueto piagnisteo su complotti e ingiustizie (che facce toste!). Il buon Rafa Benitez potrà anche continuare a vincere, vista la corazzata che ha avuto in eredità, ma in quanto a carisma e sudditanza non cè partita. Alla prima difficoltà nel club nerazzurro ecco che ricominciano a litigare tutti contro tutti, serpeggia il malcontento, volano gli stracci: una lunga tradizione difficile da estirpare, che solo Mou aveva interrotto fulminando chiunque ci provasse a contraddirlo, fosse anche il ricco petroliere-pagatore nelle vesti presidenziali.
Le sue perifrasi e i suoi neologismi - dalla prostituzione intellettuale agli zero tituli - hanno fatto godere carta stampata e giornalisti televisivi come non mai, risultando tuttora cliccatissimi nei blog. Mai è scivolato su frasi fatte da allenatore di parrocchia tipo «la palla è rotonda» o «il calcio è questo». Il suo carisma e la sua preparazione tattica, sì perché Mou è capace come pochi a mettere la squadra in campo (Chelsea, Barça e Bayern ne sanno qualcosa), hanno completamente oscurato le figure di altri mister titolati. Per colpa sua Lippi e Capello sono di colpo invecchiati di dieci anni, inattuali e superati anche quando si arrabbiano al cospetto dei giornalisti rincorrendo il portoghese sulla sua inarrivabile e teatrale dialettica; Maradona sarà al massimo unicona popolare ma di gioco non sa nulla e il mondiale lo ha dimostrato; forse Leonardo (ma se ne è andato anche lui) poteva competere con lui in eleganza, ma il ciuffo sa di phonato, innaturale, troppo agente Publitalia. Gli altri, per carità.
Il grande Mou, invece, si presentava davanti alle telecamere con la barba lunga, le occhaie, senza cravatta o annodata male. Perfetto. Tutte le donne belle e intelligenti si sono dichiarate innamorate di lui. Inevitabile e legittimo.
Anche uno juventino che come me odia fisiologicamente il nerazzurro, è vittima della Moustalgia e non trovarselo contro domenica sera a San Siro costringerà a elaborare il senso di una perdita. Senza José il calcio italiano è più povero e certamente più banale. Unico vantaggio, lInter oggi non è più niente di speciale.
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