Ammalati di pallone: gli irriducibili della classe 1973

Nel ’47 in Inghilterra riprende il campionato e Sir Stanley Matthews, numero 7, ala, riceve una chiamata dal manager del Blackpool: «Hallo Stan, ce la fai a farmi ancora un paio di stagioni?». Ne aveva appena compiuti 32, sei anni dopo gioca una finale di FA cup memorabile che verrà ribattezzata «La finale di Matthews». Il Bolton è sopra di due reti quando Stan decide che quella sarà la partita della sua vita, inizia a lavorare di caviglie, dribbla tutti, si accentra e segna il gol del 2-3. Il Blackpool rianimato da «Wizzard of the dribble» si lancia all’attacco, cross di Stan e siamo sul 3-3, il Bolton vacilla. E allo scadere Stan segna il 3-4 definitivo. Sulle tribune la regina Elisabetta, il principe di Edinburgo e Wiston Churchill tutti in piedi ad applaudire il vecchio Stan, convinti che quella sia stata la partita del suo addio al calcio, invece giocherà ancora altre tredici stagioni, e tutte in Prima divisione, a 51 anni saltellava ancora sulla fascia con la maglia dello Stoke City. Bella storia, la regina era talmente preoccupata che gli mise due body guard fisse a sorvegliarlo durante gli allenamenti perché temeva venisse colto da un malore.
Adesso in Premier c’è Ryan Giggs, un ’73, 38 a novembre, scoperto da un lattaio e adottato da Sir Alex Ferguson che se lo portò a casa nel timore di perderlo. Classe di ferro e non solo dopo gli ultimi exploit del gallese scoperto a farsi in quattro per soddisfare diverse signore di ogni età, compresa la moglie del fratello e la mamma di lei. Un mito che non ha intenzione di lasciare il Manchester Utd, come Vito Borba Ferreira, in arte Rivaldo, l’extraterrestre di Barcellona e Milan che a 39 anni gioca ancora con il dieci sulla schiena nel San Paolo assieme a Rogerio Mucke Ceni, Pato Branco, 22 gennaio 1973, anche lui campione del mondo nel 2002, portiere e capitano della squadra paulista. Ha il record di gol realizzati da un portiere professionista in gare ufficiali con 98 reti: «Ma il conto è sbagliato, sono già arrivato a cento». Probabilmente ha ragione lui, a maggio contro il Figueirinense, l’ok dei medici è arrivato all’ultimo istante prima di scendere in campo e l’allenatore Carpegiani ha tirato un sospiro di sollievo: «Lui è il Sao Paolo, senza di lui non si vede la squadra».
Da noi Javier Zanetti assieme a tutti i record possibili e immaginabili della nuova Inter euromondiale, Pippo Inzaghi e la sua eterna lotta con Raul Blanco per il primato dei cannonieri europei, Marco Materazzi che ha deciso di lasciare l’Inter dopo dieci anni, 5 scudetti, 4 coppe Italia, 4 Supercoppe, una Champions League e un intercontinentale per club. Poca voglia di fermarsi con i tifosi, «puntalo che è scarso», straamato e straodiato ma il mondiale tedesco è suo di diritto. Vorrebbe continuare in Premier. All’estero, negli Emirati, se non lo mettono fuori rosa, dovrebbe stare ancora un anno Fabio Cannavaro, campione del mondo 2006 e pallone d’oro, uno che prima di andare in Medioriente ha tentato di accasarsi al Napoli, stoppato dal presidente De Laurentiis: «Non prendo vecchi», il poco garbato giudizio. L’età è quella difficile, perfino i mitici gemelli di Urago Mella, Emanuele e Antonio Filippini hanno detto basta.
Ma un conto è deciderlo, un conto è venirne costretti, come quanto sta accadendo a Roberto Carlos, il miglior terzino sinistro di fine secolo che gioca tuttora nell’Azhni, in Russia, con un tramonto di carriera che lo sta avvilendo. Mercoledì scorso durante il match con il Samara, un tifoso gli ha lanciato ai piedi una banana e lui ha abbandonato il campo senza escludere che a questo punto potrebbe anche abbandonare il calcio: «Non potevo continuare a giocare, ero indignato, gesti del genere in Paesi civili non devono essere tollerati».

Era già accaduto in marzo contro il Krylya Sovetov, anche lì una banana ai piedi del one man show del Dinamo Stadium di Makhachkala, tre reti in 15 gare, chi credeva fosse lì solo per ritirare gli ultimi rubli ha dovuto ricredersi. Ma se smette perché s’è stufato è un conto. Ma se lo hanno stufato allora è tutta un’altra storia.

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