Gian Micalessin
Forse non è terrorismo in senso stretto. Forse gli stranieri colpiti a pistolettate ieri mattina nel cuore di Amman non sono vittime di un agguato firmato da Al Qaida. Forse luomo che ha seminato morte e terrore tra le rovine dellanfiteatro romano è solo uno squilibrato anche se proviene dalla stessa città giordana che diede i natali al famigerato e defunto Abu Mussab Al Zarqawi. Ma quel gesto, costato la vita a un turista britannico e il ferimento di almeno altri cinque stranieri tra cui un olandese, due donne inglesi, unaustraliana e una neozelandese, resta comunque un segnale preoccupante. Una tacca in più su quel barometro dellintolleranza che, da mesi, segnala il rischio di un uragano integralista sul pacifico e ospitale regno hashemita.
Succede tutto nel corso di una consueta mattinata di shopping e turismo nel centro della capitale giordana. La comitiva di turisti sta raggiungendo lentrata dellanfiteatro. Tuttattorno ronza la consueta torma di disoccupati, mendicanti e immigrati illegali iracheni che popola il mercatino e le viuzze di questa centralissima, ma depressa zona della capitale. Ad accompagnare la comitiva cè, come sempre dopo gli attentati di Al Qaida ai grandi hotel dello scorso novembre, un poliziotto incaricato di svolgere il ruolo di guida e protettore. Langelo custode stavolta serve a poco. La minaccia si materializza improvvisa e inaspettata. I testimoni sentono gridare «Allah Akbar, Allah è grande», voltano gli occhi, vedono un invasato salire di corsa i gradini di roccia, estrarre una pistola, svuotare uno dopo laltro i quattordici colpi del caricatore. Poliziotto e turisti vanno giù come birilli. Non appena lattentatore finisce di sparare la piccola folla di testimoni reagisce, blocca lassassino in fuga. Due netturbini gli strappano la pistola, altri lo bloccano e alla fine la polizia se lo porta via in manette. «Il responsabile è di nazionalità giordana e viene al momento interrogato dalle forze di sicurezza», fa sapere più tardi il portavoce del governo Nasser Jawdeh, annunciando la morte dello sfortunato turista britannico. Il ministro degli Interni Eid Fayez, confermando quella linea di chiarezza che distingue la Giordania da altri Paesi dellarea, non si nasconde dietro le parole. «Dal nostro punto di vista questo è un attacco terroristico, ma non sappiamo ancora se il colpevole abbia agito con laiuto daltri complici o sia solo un individuo mentalmente disturbato... ovviamente speriamo tutti in un incidente isolato». Purtroppo lidentità dellattentatore, originario di Zarqa, la città natale del defunto terrorista Zarqawi, e i suoi precedenti penali alimentano, nelle ore successive, i sospetti di un complotto radicale.
La Giordania, oltre ad aver cresciuto Al Zarqawi, padre fondatore di Al Qaida in Irak, è da anni assediata dal contagio fondamentalista in transito dallArabia Saudita, dallIrak e dai contigui territori palestinesi. Il regno hashemita deve fare i conti anche con frange radicali dei fratelli musulmani e con gruppi dispirazione wahabita sviluppatisi dentro i suoi confini. Linstancabile opera dei servizi segreti, pronti a colpire chiunque si opponga alla linea filo occidentale della monarchia, ha finora impedito il consolidarsi di organizzazioni strutturate e ramificate. Lattacco missilistico a due navi americane in rada nel porto di Aqaba lo scorso agosto e gli attacchi suicidi multipli contro tre hotel frequentati da occidentali lo scorso novembre sono rimasti tentativi isolati del defunto Zarqawi di esportare in Giordania lattivismo terroristico della cellula irachena di Al Qaida. In questo quadro lo spontaneismo fondamentalista, amplificato dalla dura repressione a Gaza e in Cisgiordania e dallo scontro tra Israele ed Hezbollah in Libano, resta il fattore più preoccupante.
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