Amnistia, l’Unione si arresta al primo passo

Consensi da Ds, verdi, Prc e Margherita. Ma l’ex pm: «Sarebbe uno stimolo a delinquere»

Anna Maria Greco

da Roma

Un bel segnale? «Macché, una brutta partenza». Si apre il dibattito sull’amnistia d’inizio legislatura, ma a gelarlo subito nel centrosinistra arriva l’altolà di Antonio Di Pietro. «Dev’essere l’ultimo dei problemi dell’Unione», dice il leader dell’Italia dei valori. È convinto, l’ex pm di Mani pulite, che il nuovo governo deve affrontare «ben altre priorità», come l’economia e il lavoro.
E dire che gli appelli dei radicali e dell’estrema sinistra sembravano aver smosso le acque. Dopo la sentenza della Consulta che apre la strada alla grazia a Ovidio Bompressi e forse ad Adriano Sofri e dopo la condanna definitiva di Cesare Previti, si era tornato a parlare delle condizioni dei detenuti, del sovraffollamento nelle carceri e dell’urgenza di un provvedimento di clemenza. Con il no global di Rifondazione comunista Francesco Caruso che lamentava l’attenzione alla vita nelle prigioni solo quando ci entrano i potenti come l’ex ministro della Difesa e il direttore di Liberazione Piero Sansonetti che intitolava il suo editoriale «Salviamo Previti. Come? Con una legge ad personam: l’amnistia».
Poi, Giorgio Napolitano è salito al Quirinale e subito Marco Pannella ed Emma Bonino l’hanno invitato a festeggiare con l’amnistia. Magari nei primi 100 giorni. Altri dell’Unione si sono uniti al coro. Ieri, pareri favorevoli sono venuti da Ds come Gavino Angius e Massimo Brutti, da Roberto Giachetti e Pierluigi Mantini della Margherita, dal leader dei verdi Alfonso Pecoraro Scanio, dal segretario di Prc Giordano, da Marco Rizzo del Pdci, Enrico Buemi dello Sdi ed altri.
Ma quello che ha detto no nel modo più deciso è stato Di Pietro. L’amnistia, ragiona, è un provvedimento di clemenza che può arrivare come conclusione di un ciclo di riforme sulla giustizia. «Non può essere un inizio. Si partirebbe con il piede sbagliato». Se proprio si vuole cominciare dalla giustizia, bisogna innanzitutto «velocizzare i processi rendendoli più certi ed efficaci». Con l’amnistia, invece, l’avrebbe vinta chi «ha fatto di tutto per ritardarli il più possibile». E sarebbe «un atto di resa dello Stato», la dimostrazione della sua «inadeguatezza» ad affrontare la questione «per il verso giusto». Per Di Pietro sarebbe anche gravissimo affermare il principio che a ogni nuova elezione sul Colle si emana un provvedimento di clemenza: uno stimolo «a delinquere» perché tanto poi «c’è la speranza di farla franca... ». Di amnistia Di Pietro non vuol parlare, semmai di indulto, ma avverte che peraltro «non servirebbe a risolvere il problema delle carceri».
Sembra un déjà vu, con la ripresa di un dibattito che nel vecchio parlamento aveva provocato divisioni e scontri e suscitato speranze nel mondo carcerario, alla fine miseramente deluse. Andrà così anche stavolta? Angius precisa che il suo sì è personale, non della Quercia; Mantini sottolinea che si deve trovare un’intesa ma sull’indulto; Rizzo insiste che ci vuole l’amnistia, però escludendo reati di mafia e corruzione; per Giuliano Pisapia del Prc amnistia e indulto potrebbero essere emanati subito dopo la riforma del codice penale.
Personalmente a favore dell’amnistia, l’azzurro Gaetano Pecorella è scettico perché vede troppa conflittualità nel quadro politico. «In realtà, le condizioni c'erano anche nella passata legislatura quando l’attuale maggioranza, unendosi con la Lega e An, l’ha bocciata».
Anche stavolta i due partiti della Cdl sono contrari. «Se sono capaci facciano da soli», sbotta Ignazio La Russa di An. E l’ex ministro della Giustizia Roberto Castelli gongola: «Sull’amnistia la loro maggioranza è profondamente divisa. Sto cominciando a divertirmi... Quella parte favorevole all’amnistia resterà frustrata e delusa». Contraria anche Alessandra Mussolini, segretario di Azione sociale.


Nel centrodestra l’Udc dice sì all’amnistia ma chiede all’Unione «una proposta organica» e il segretario della Dc, Gianfranco Rotondi, raccomanda di accelerare i tempi. Per l’azzurro Nicolò Ghedini il momento potrebbe essere favorevole, ma meglio l’indulto.

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