San Paolo - Giustizia, amore, vittoria e buoni sentimenti, e un pilota freddo, serio, anche elegante, che finalmente si scioglie e regala il meglio di sé: quel raro sorriso. Kimi Raikkonen e la Ferrari sono campioni del mondo, campioni «che neppure ci credo ancora» ammette il responsabile del box, Luca Baldisseri. Kimi, nel frattempo, sta cercando di tornare com’era, e non ci riesce e si danna per il paddock il ragazzo. È caldo, arrossato, è sorridente e scherzoso, sembra napoletano Kimi Raikkonen, forse teme di essere malato nello scoprirsi così latino. Invece è solo e finalmente campione del mondo: «Ci avevo provato ai tempi della McLaren, c’ero anche andato vicino un paio di volte, e ora lo sono. Di più: ho conquistato il titolo con la Ferrari e al mio primo anno a Maranello, come Fangio, come Scheckter».
Jean Todt stringe mani a tutti, cerca e trova Felipe Massa che ha fatto il massimo per aiutare il team e che, pur vincente, è l’unico triste nell’animo. Avrebbe vinto lui il gp se non avesse dovuto proteggere la missione impossibile. «Lo ringrazio – ammette quel napoletano di Kimi – mi ha aiutato ed è un pilota fortissimo». Kimi parla ormai da leader, veste i panni che furono di Schumi e con la sua impresa sdogana la prima Ferrari mondiale dell’era post kaiser Michael. «Amo questo team, amo la Rossa, è una squadra, è una famiglia, siamo riusciti a venire fuori da una situazione davvero difficile».
Sotto, nel paddock, Aldo Costa, il papà della Rossa, si stropiccia gli occhi: «Dopo il mondiale perso in quel modo in Giappone, lo scorso anno, mi era rimasto un groppo grande in gola. Adesso me lo sono tolto». Quindi, fiero, dà voce all’altra vera, grande vittoria delle truppe maranelliane. Quella regalata dai numeri: quella che dice che la Rossa, con questa doppietta, sarebbe stata campione del mondo costruttori anche senza il processo e la sentenza di Parigi. Chapeau.
«Non so se organizzerò una grande festa, certamente la prossima settimana» racconta quel napoletano di Raikkonen. Va oltre: «Se cambierà la mia vita? Un poco, forse, ma fondamentalmente no. Sono già pronto a leggere tante fesserie sulla mia privacy, però ormai ci ho fatto il callo». Quindi ripercorre la sua vita in rosso: «La nostra forza è stata di crederci sempre... la gente diceva che eravamo fuori e invece abbiamo dimostrato di che cosa siamo capaci. All’inizio ho stentato ad adattarmi, ma il team mi è stato vicino... li amo. Qualcuno sosteneva che ero un pilota sfortunato, ma io non credo alla dea bendata. Però in questa corsa, per vincere, avevo bisogno dell’aiuto degli altri, di avere macchine fra me e Hamilton, e in questo senso mi è andata bene». Sulla gara: «Sono partito benissimo, anche Massa, avrei potuto transitare primo, ma non aveva senso lottare fra noi. La macchina volava. Ho visto che Hamilton era in difficoltà, ho visto che Alonso lo aveva passato, ho pensato che una chance così non mi capitava da diverso tempo, ma fino al traguardo non sono mai stato sereno e sicuro del risultato finale. Ad un certo punto, via radio, il box mi ha detto di star tranquillo, che in quella posizione, primo, ero campione del mondo... Però, fino al traguardo ho incrociato le dita, bastava che succeddesse qualcosa nella lotta fra i ragazzi dietro di me ed Hamilton da settimo sarebbe stato quinto e campione.
Certo che vincere dopo un anno così rende tutto più bello... la spy story? Buttiamocela alle spalle, siamo grandi e abbiamo vinto lo stesso...». Quindi il messaggio al mondo e anche a Massa: «L’anno prossimo? Voglio di nuovo il mondiale».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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