Tu chiamale, se vuoi, leggende metropolitane. Eppure i cinesi «che non muoiono mai» sono tornati dattualità sulle bocche degli italiani di via Paolo Sarpi e dintorni. Padri di famiglia tacciati come «razzisti e intolleranti» da quei campioni di pacifismo che frequentano i centri sociali, e ultimamente pure gli incroci di Chinatown.
Teorema, quello del dragone immortale, che prevede corollari di gente «disciolta nellacido» o «trasformata in condimento per gli involtini primavera». Esagerazioni a parte, le voci della fantasia popolare trovano inaspettati riscontri sui pc dellUfficio anagrafe comunale. Proprio così, perché a leggere in profondità le statistiche si scopre che sui 14.323 cinesi di Milano (7.545 gli uomini, 6.778 le donne), nei primi mesi di questanno si sono avuti soltanto sette decessi. Così come sono sette i certificati di morte nella comunità relativi allintero 2006, e otto lanno precedente, quattro prima ancora, addirittura uno nel 1997.
In tredici anni le dipartite tra la popolazione con gli occhi a mandorla non hanno mai superato le dita di due mani. Per un totale di 71 morti in tredici anni e mezzo, a fronte di un gruppo che nello stesso intervallo di tempo è cresciuto (...)