Alla panchina Carlo Ancelotti è abituato da un pezzo. Su quella rossonera, senza dimenticare quelle del Parma e della Juventus, è già a quota 381 e insegue il mitico paron Rocco che ne ha collezionate ben 450. Un benemerito della «panca», insomma, uno che da otto anni guida il Milan e che è considerato tra i migliori tecnici del mondo, con una serie di scudetti, coppe e trofei da fare invidia. E su unaltra panchina, quella di casa sua, è finito per colpa dalla moglie Luisa. Già, perché dopo 25 anni di matrimonio tra la bella coppia è scoppiata la crisi. Superata quella classica del settimo anno, poi anche quella del quattordicesimo, addirittura quella del ventunesimo, alla soglia delle nozze dargento, Carlo e Luisa si sono guardati negli occhi e hanno capito che qualcosa non andava più per il verso giusto.
Gossip? Pettegolezzi? Maldicenze e cattiverie gratuite? Niente di tutto questo. A rivelare la fine di una meravigliosa love story ci ha pensato lo stesso Ancelotti che ha rilasciato una succosa intervista a Novella 2000, dopo che sul quotidiano romeno 7 Plus era apparsa la notizia delladdio da parte della moglie. Notizia accompagnata dalla rivelazione che una trentenne di Bucarest, Marinella Cretu, avrebbe avuto una relazione post-crisi matrimoniale col tecnico rossonero. «In 25 anni di matrimonio ci sono momenti di alta e altri di bassa. E nei momenti di bassa, quello che non mancherà mai tra mia moglie e me è la capacità di parlarsi con grande rispetto e affetto. È come nel calcio, non bisogna mai chiamarsi fuori», lammissione di Ancelotti che sul flirt con la giovane romena ha una risposta pronta e secca: «In giro cè tanta gente che vuol farsi solo pubblicità. Luisa invece è stata la mia unica storia, mi sono fidanzato e sposato giovane».
Un uomo solo al comando, dunque, sulla caravella rossonera; una situazione esplosa allimprovviso ma che nellambiente milanista era già conosciuta. Il solito Ancelotti, quello sorridente, buontempone, allegro, pronto alla battuta pungente, aveva lasciato spazio a un uomo immusonito, pieno di problemi (non certo quelli derivantigli dalla mancanza dei risultati della squadra, perché anche quelli sono arrivati), con la brillantezza riposta in un cassetto. Un uomo solo, insomma. «Sì, sono solo», ammette Ancelotti, «ma sto bene con me stesso anche da solo. Con il calcio non mi annoio. A parte il lavoro in campo, trascorro molte ore studiando e ristudiando le partite, riguardando i filmati. Sì, oggi sto bene anche da solo». E tiene a rimarcarlo quel «solo», perché da un po di tempo Ancelotti cercava rifugio nella sua stanzetta di Milanello, poche volte nella casa di Milano e ancor meno nella tenuta nel parmense. Anche i figli hanno seguito strade diverse: Katia è a Londra per uno stage nellufficio stampa del Chelsea e il ventenne Davide, superata la maturità, gioca come centrocampista nel Borgomanero in serie D. I maligni dicono che Katia gli ha fatto da apripista da Paperone Abramovich, pronto a lasciare in un prossimo futuro il Milan per approdare nel Chelsea del milionario russo, ma Ancelotti non ci sta. «A parte che Katia in dicembre tornerà e che tutte le mattine alle 8 mi chiama, ma nel Milan voglio arrivare almeno a quota 451 partite consecutive, fare filotto e battere il record di Rocco. Poi penserò cosa fare. Milano non mi piace, è una città perfetta per il lavoro, per le relazioni finalizzate, non per godere dello stare insieme. Tutto il contrario di Roma che mi è rimasta nel cuore.
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