da Lampedusa
Tra i clandestini che partono dalle coste libiche verso un futuro migliore in Italia ci sono anche dei professionisti che nei loro Paesi non riescono a sbarcare il lunario.
Tra le vittime del naufragio di venerdì scorso cera anche un bancario marocchino di 24 anni, che da qualche giorno era andato in ferie. Con lo stipendio di 400 euro al mese non riusciva a mettere nulla da parte e quando pensava al suo futuro vedeva tutto nero. In questo modo non sarebbe mai riuscito a formarsi una famiglia e proprio per questo motivo, già in passato, aveva cercato di inserirsi in Italia. Ma non avendo ottenuto il visto è rientrato in patria. Ha continuato a lavorare, ma dentro di sé continuava a sognare un futuro in un Paese migliore del suo, con uno stipendio e una vita più dignitosi. Si è recato pertanto in Libia nella città di Al Zwara e dopo aver pagato duemila dollari, lequivalente di alcuni mesi di stipendio, si è pagato un viaggio finito nelle acque di Lampedusa. È riuscito ad ottenere un posto sul barcone che poi sarebbe stata la sua bara.
«Diceva che voleva andare in vacanza in Italia - dicono alcuni suoi compagni di viaggio che sono scampati per miracolo alla morte - ma spero di non tornare più. Non si accontentava, voleva di più, non gli bastavano i soldi che guadagnava». Purtroppo, quando il barcone si è rovesciato, il giovane banchiere è stato uno dei primi a finire in acqua e non sapendo nuotare bene e affogato quasi subito.
Ma la storia del marocchino non è purtroppo la sola che riguarda un professionista. Anche ultimamente sono arrivati tra i clandestini avvocati, docenti universitari e perfino medici. La rescissione economica nei loro paesi dorigine non gli consente di vivere degnamente. Un avvocato nel Sudan, guadagna al massimo cinquecento dollari al mese.
«Sono numerosi - dice il comandante della Settima squadriglia della Guardia costiera lampedusana, Michele Niosi - gli immigrati che hanno un alto grado di istruzione e che nei loro Paesi sono professionisti. Però, evidentemente non riescono a guadagnare il minimo per sopravvivere e sperano di trovare tutto in Europa». La storia del bancario marocchino è simile a quella dellarchitetto libanese, Hamed, giunto a Lampedusa nel maggio scorso.
Era fuggito anche dalla guerra, ma anche perché con il suo lavoro non riusciva a mandare avanti la famiglia. Sperava di trovare fortuna in Italia ma dopo due mesi di centro di accoglienza, ha ricevuto il foglio di via obbligatorio. Non sappiamo se larchitetto libanese sia andato realmente fuori dalla nostra penisola, ma questa è un'altra storia.
«In molti Paesi africani è difficile vivere degnamente anche se si è professionisti - dice Elio Desiderio, ex maresciallo della stazione dei carabinieri di Lampedusa che ha interrogato in passato diversi extracomunitari - un medico, un avvocato, riescono a guadagnare in un mese quello che da noi guadagna un precario.
Per tanti di loro però spesso manca il lieto fine della storia.\
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