Roma«Sì, viaggiare... Evitando le buche più dure...», cantava Battisti nel 1977. «Sì, viaggiare... Evitando di pagare...», canta ancora oggi un drappello di ex deputati e senatori. I quali ci costano, soltanto per mandarli in giro chissà perché, 1 milione e 750mila euro l’anno. Di questo tesoretto la Camera scucirà 1 milione e 200mila euro, il Senato «appena» 550mila. Gli spostamenti dei «furono» onorevoli, siano essi trasferte di lavoro o gitarelle fuori porta, restano a carico della collettività. Tizio e Caio ci hanno rappresentati nella fabbrica delle leggi anche solo per una legislatura? Zac: l’onorevole tour lo paga Pantalone. Beneficenza di Stato che, a dire il vero, sta subendo un colpo di cesoie rispetto a prima, quando il benefit era vita natural durante e copriva tutti i mezzi di trasporto possibili e immaginabili. Ora non più.
L’anno scorso, perentorio, il presidente di Palazzo Madama, Renato Schifani, ha dato mandato al collegio dei tre senatori questori di darci un taglio: stop ai benefici degli ex, la casta inizi a castigarsi. Gli ex colleghi bruciavano nel 2009 775mila euro in voli, 551mila euro in viaggi in treno, 410mila euro in pedaggi autostradali. Totale: più di 1 milione e 700 euro. Basta, è troppo. Così, s’è presa di petto la questione mandando in bestia l’Associazione ex parlamentari, sorta di sindacato delle vecchie e onorevoli glorie. L’ente, presieduto da Franco Coccia, deputato Pci dalla quarta legislatura (1963) alla settima (1976), ha perfino scritto a Berlusconi per lamentare e scongiurare il colpo di scure, in nome di una solidarietà di Palazzo. Non solo: vista la brutta aria, dal suo punto di vista, Coccia s’è rivolto pure al sottosegretario Gianni Letta: siamo pronti a mettere al servizio le nostre consulenze gratis pur di evitare una «discriminazione» tra colleghi. Il senso della doglianza: perché proprio noi dobbiamo tirare la cinghia? E poi, in fondo, si tratta di cifre risibili, no?
All’epoca c’è stato un vero e proprio braccio di ferro ma alla fine ha vinto Schifani. Non per ko, tuttavia. Invece della mannaia s’è usato un meno doloroso tronchesino. S’è deciso, infatti, di togliere il telepass dai parabrezza dei vecchi inquilini di Palazzo Madama: al casello aprano il loro di portafoglio. Ma per treni e aerei? Beh, no. Quelli sono ancora a carico della collettività seppur con dei limiti: ogni «ex» ha un plafond annuale di 2.200 euro spendibile ai check-in o in stazione. E poi mica per sempre: «soltanto» per dieci anni a partire dalla fine del mandato. Passato il decennio, torneranno a essere cittadini normali. A dire il vero inizialmente s’era pensato di garantire il privilegio per due legislature successive a quella finale ma... E se poi di crisi in crisi le Camere si sciolgono prima? Si faccia dieci anni e non se ne parli più. A godere di questo indecoroso vizio, circa 250 vecchi senatori che di fatto hanno fatto dimezzare la spesa dall’oltre milione e mezzo a circa 550mila euro l’anno. Questo al Senato.
Alla Camera, invece, è un po’ diverso. Pure ai vecchi deputati è stato cassato il rimborso autostradale mentre rimane in vita quello per i viaggi in aereo e in treno. Plafond annuale anche qui che però varia da un massimo di 1.200 euro a un minimo di 900, secondo calcoli complicatissimi che tengono conto di quante legislature abbia coperto l’onorevole finito in naftalina.
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