Anche il futuro della Torino-Lione dipende da un ex Pci

Al centrosinistra serve la maggioranza nel Cda Rai. Al posto di Petroni pronto l’ex Iri Alessandro Ovi

Pietro Balducci

da Milano

Che sia di sinistra, nessuno lo mette in dubbio. Che sia competente, pure. A Mario Virano, scelto dal governo Prodi come commissario straordinario per l’osservatorio Tav, l’ente che valuterà gli aspetti ambientali, sanitari ed economici relativi alla Torino-Lione, certo non avrà nuociuto quella tessera con la falce e martello che teneva in tasca 25 anni fa, quando faceva politica attiva a Torino insieme a Piero Fassino e Sergio Chiamparino, suoi compagni nella segreteria locale del Pci. L’«ala degli amministratori» del Partito comunista torinese negli anni ’80. Fassino e Chiamparino hanno fatto carriera all’interno del partito, Virano ha scelto la strada del tecnico-manager. La tessera dice di non averla più, ma «il cuore, certo batte da quella parte», come ha dichiarato quando è spuntato il suo nome per la carica di presidente dell’osservatorio.
Riuscirà Virano a fare digerire la nuova ferrovia ad Alta velocità agli abitanti della Val di Susa senza fare scoppiare di nuovo la guerra con le varie giunte rosse locali e la forte componente ambientalista del governo Prodi? «Ho i miei dubbi» spiega William Casoni di Alleanza nazionale, ex assessore ai Trasporti del Piemonte nella giunta Ghigo. «Certo, si tratta di una persona molto competente, forse la migliore che il centrosinistra potesse esprimere dal punto di vista professionale. Però è indubbiamente molto legato alle logiche politiche dei Ds e ai partiti di sinistra. Temo, quindi, che non darà molto impulso all’Alta velocità. Portare avanti concretamente il progetto del tunnel nella Val di Susa metterebbe in crisi seria il centrosinistra, ecco perché sono scettico. Un indipendente avrebbe potuto fare di più e meglio. Comunque, staremo a vedere». Roberto Cota, segretario della Lega Nord Piemonte, è meno diplomatico: «Virano? È solo un commissario politico».
Certo, la carriera del manager ex Pci merita attenzione: 62 anni, laurea in architettura al Politecnico di Torino e poi una miriade di incarichi professionali, da collaboratore della rivista Casabella – quando era un giovane architetto di belle speranze - a rappresentante italiano nel Comité de Transport Public des Communautés Européennes. Poi, a fine anni ’90, gli incarichi più «pesanti»: dal 1998 al 2002 amministratore delegato della Sitaf, la società di gestione dell’autostrada del Frejus, quella che attraversa in due la Val di Susa e, dal 2002, consigliere di amministrazione dell’Anas. Il passaggio fra le due società non è stato del tutto indolore. Almeno a leggere il testo dell’interpellanza del Senato del 27 marzo 2002, firmatari i senatori di sinistra Donati, Crema, Brutti e Fabris, indirizzata all’allora ministro delle infrastrutture Pietro Lunardi.

Chiedevano i senatori se la nomina dell’architetto Virano a membro del consiglio di amministrazione dell’Anas non fosse incompatibile con la sua carica, da cui non si era dimesso, di consigliere di amministrazione della concessionaria della Sitaf (Società italiana traforo autostradale del Frejus), dato che l’Anas controlla proprio la Sitaf come azionista di riferimento. Piccoli inciampi presto risolti. Il nuovo incarico lo metterà a dura prova: realizzare la Tav senza dispiacere alla sinistra. Un lavoro da equilibrista.

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