Venezia - Come le grandi famiglie e le patate, il cinema italiano ha il meglio sottoterra. Dunque è coerente il titolo «Questi fantasmi» per la retrospettiva che include grandi registi considerati per decenni meno grandi della trimurti Antonioni-Fellini-Visconti. Con questa Mostra - a qualcosa serve... - il distacco fra alcuni di «questi fantasmi» (Mario Bonnard, Vittorio Caprioli, Duilio Coletti, Claudio Gora, Mario Monicelli, Dino Risi...) e la trimurti si ridurrà. Poi scomparirà: i tabù erosi crollano di schianto.
Giulietta degli spiriti di Fellini, Identificazione di una donna di Antonioni, Gruppo di famiglia in un interno di Visconti non valevano molto nemmeno quando uscirono, anche agli occhi della critica che ne parlava bene per devozione personale ai registi in questione. Fra trenta e quarant’anni, queste opere della decadenza, di autori comunque grandi, sono schiacciate dal confronto - per citare uno solo dei vari possibili esempi - con I mostri, ieri riproposto al Lido in versione restaurata con l'aggiunta di frammenti di due episodi non completati.
Anche se i frammenti esumati dagli archivi della Cineteca nazionale - guidata proprio da Sergio Toffetti, che con Tatti Sanguineti ha ideato la rassegna - non aggiungono nulla al valore del film di Dino Risi, si rivede I mostri, con Vittorio Gassman e Ugo Tognazzi, come si riascolterebbe un oracolo col senno di poi. Nei Mostri - presentato ieri insieme al documentario tv Dino Risi - c'è infatti la rappresentazione dei vizi d'allora (1962) e l'intuizione che essi sarebbero diventati così comuni da lasciare indifferenti. Peggio: ammirati.
Ora i mostri sono quelli che da quei vizi sono immuni. Chi vedrà il film per la prima volta sarà attonito nel cogliere come meno di mezzo secolo abbia cambiato il comune sentire. E non solo degli italiani: ciò che si vede proprio nei grossi festival indica che il declino è ovunque in Europa e negli Stati Uniti.
Si poteva credere che il pubblico del Lido - intossicato da retrospettive all'insegna di W la foca!, di western-spaghetti e poliziotteschi raramente apprezzabili che con l'«arte cinematografica» della Mostra non avevano legami - avrebbe ignorato film che sono lontani nei valori e per lo più in bianco e nero (che generalmente spaventano le tv). Invece no. Lo stesso pubblico che aveva visto e spesso applaudito anche il peggio, ha saputo riconoscere poi il meglio. Dopo un'esitazione iniziale, s'è trovato addirittura in coda, l'altra sera, per vedere la copia restaurata da Museo del cinema di Torino e Cineteca comunale di Bologna dello straordinario Anni difficili di Luigi Zampa. E ieri molti hanno fatto lo stesso per I mostri: maturano così i tempi per il «Sorpasso Film Festival» che da giugno evocherà a Quercianella il cinema di Dino Risi.
L'inattesa reazione, stavolta nel segno del buon gusto, dà ragione al fondatore di Cinecittà, che, nell'euforia, aveva definito «il cinema l'arma più forte»; e nell'amarezza di vedere Cinecittà ridotta a bivacco di sfollati, comunque constatò: «Solo toccando il fondo potremo risalire fino alle stelle».
La risalita sarà più rapida perché l'iniezione di cinema buono, «quello d'una volta, che solo pochi artigiani fanno ancora», avverrà anche nel pubblico televisivo grazie alla miniserie che comincia su Sky oggi alle ore 21, con la versione restaurata del Mattatore (con Vittorio Gassman e Anna Maria Ferrero); prosegue domani, sempre alle 21, proprio con quella dei Mostri; termina dopodomani, ancora alle 21, col Sorpasso, con Vittorio
Gassman e Jean-Louis Trintignant. Prologo al tutto è, oggi alle 13 sempre su Sky, il documentario Dino Risi. Anche Raisat Cinema oggi trasmette uno «Speciale stracult» dedicato al regista.Chi può, disdica ogni altro impegno.
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