Anche i dipietristi litigano per «sistemare» le loro donne

Donne, in cerca di guai. Manca il tu-tu-tu, ma per l’Italia dei Valori la musica non cambia. La sfida è sempre la stessa, aggravata se possibile da una superpoltrona in ballo, che finora non c’era. Quella cioè da vice presidente della Regione Liguria. E Manuela Cappello, eterna bastian contraria del partito, ha un motivo in più per attaccare la dirigenza ligure dei dipietristi, dal segretario regionale Giovanni Paladini in giù. Passando, naturalmente, per lei, Marylin Fusco, astro ancora nascente dell’Idv, non abbastanza brillante per stagliarsi tra le stelle d’Europa, e quindi destinata a quell’incarico che sembra proprio dover diventare il premio di consolazione per chi al parlamento di Strasburgo non ce la fa ad arrivare. Specie, come nel caso dell’Idv, se la trombatura arriva perché il partito ha fatto votare più i candidati esterni come Luigi De Magistris che i «genovesi» come appunto Marylin Fusco. Dettaglio che qualcuno ha fatto «notare».
L’ennesima puntata della sfida è andata in scena al Teatro della Gioventù, davanti agli occhi di due funzionari di partito arrivati da Roma per presenziare all’assemblea regionale. A Manuela Cappello però è andata male. Chiedeva le dimissioni di Paladini e compagni, di tutta la dirigenza ligure. E invece dovrà essere proprio lei a mollare qualcosa. O la carica da consigliere comunale, o la poltrona da assessore provinciale. Perché il partito sembra ora deciso a far rispettare le regole, persino quelle interne, che prevedono l’incompatibilità tra due incarichi. Gli stessi Ivan Rota, segretario organizzativo nazionale, e Ignazio Messina, responsabile degli enti locali, hanno confermato il diritto della dirigenza a proseguire il cammino intrapreso dopo il plebiscito del congresso.
L’appuntamento al Teatro della Gioventù però non doveva essere per l’appunto un congresso. Si sarebbe dovuto parlare di strategie, di alleanze magari. L’attacco di Manuela Cappello e il conseguente valzer di stracci però ha collegato la gestione del partito e l’assegnazione degli incarichi ad amici dei dirigenti. Anche perché in questi giorni si è tanto parlato del «contatto» tra Giovanni Paladini e Claudio Burlando. Eccolo lì, l’appiglio. La strategia, la scelta dell’alleanza che si confonde con la gestione del partito. Sì, perché Paladini ha posto la sua condizione al governatore per andare insieme alle regionali: la poltrona da vice presidente. Con una candidata in pectore. Lui, il segretario Idv, non nega: «Non posso che confermare di aver parlato con Burlando - ammette Paladini - Ma voglio anche ribadire che non è stata presa alcuna decisione. Non c’è certezza che si vada insieme. Ne riparleremo a settembre». È andata male? Niente promessa di vice presidenza? Anche in questo caso Paladini non smentisce che si sia parlato di «compenso» per l’appoggio: «Siamo la seconda forza della coalizione, non vedo perché non dovremmo ambire alla seconda carica della Regione». Non sarebbe la prima volta che l’Italia dei Valori rompe a livello regionale con il Pd. E a rimetterci, in questo caso, non sarebbero certo i dipietristi, mentre Burlando comincia a veder scarseggiare le poltrone da scambiare con la fedeltà di alleati sempre più decisivi e decisi a battere cassa.
Sul resto, però, sullo scontro interno, Paladini taglia corto.

«Manuela Cappello è rimasta ancorata al partito dell’1 per cento, di quanto lo guidava lei - chiosa caustico - Ora siamo al 10, abbiamo oltre 100 amministratori locali in Liguria. E tutti remano nella stessa direzione. Tutti tranne lei». Donne, tu-tu-tu. In cerca di poltrone.

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