Luca Telese
nostro inviato a Buenos Aires
«Finalmente ho la prova che quello che ho scritto nel mio ricorso, presentato alla giunta elettorale del Senato italiano è vero: in quel dossier ho citato numerosi casi, e non posso renderli pubblici tutti. Ne basta uno clamoroso, della sezione 619 di Caracas, che è stato controllato anche nei verbali italiani. In quel seggio cerano 130 voti per me, e 16 per il mio concorrente di lista, Edoardo Pollastri. Nello scrutinio, questo voto è stato esattamente ribaltato, facendo sì che la mia vittoria si tramutasse in una sconfitta». Dalla sede della Famiglia Piemonteisa, il suo quartier generale di Rosario, Mirella Giai non molla, e spiega che adesso è sicura di vincere il ricorso che la oppone al suo compagno di lista Edoardo Pollastri. E alla fine un piccolo colpo di scena arriva da Rosario: un comunicato stampa dei Democratici di sinistra del Sudamerica. Mentre a Roma infatti la Quercia getta acqua sul fuoco e sottolinea che tutto è stato regolare, la sezione sudamericana del partito di Fassino scrive: «I democratici di sinistra reclamano lelezione di Mirella Giai come legittimamente ottenuta y denuncia irregularidades en el escrutinio de las recentes elecciones italianas» ovvero: «e denunciano le irregolarità nello scrutinio delle recenti elezioni italiane».
Cioè il pasticcio elettorale, quello che ormai da giorni tiene banco sia sui giornali italiani sia su quelli argentini, e che ha tolto il seggio, addirittura dopo la proclamazione, a Mirella Giai.
Per ricapitolare questa vicenda, basterebbe far parlare i dati. In un primo tempo, il conteggio aveva assegnato 18.506 voti a lei, e 18.376 voti a Pollastri. Le era già arrivato dal ministero dellInterno il telegramma di proclamazione. Poi, colpo di scena, Pollastri laveva scavalcata sulla base di un ricomputo. E qui si era creato il caso, perché un emissario dei Ds era arrivato da Roma, per cercare di convincere la Giai a rinunciare al ricorso. La tenacissima Mirella non aveva accettato. La conversazione era stata registrata in un video e inserita in un documentario Hermanos de Italia la cui anticipazione sul Giornale ha acceso la polemica. Fin qui il riassunto delle puntate precedenti. Ieri lennesima puntata, e una denuncia molto circostanziata: «Adesso ho le prove - attacca la Giai -, non so come definirlo. Un errore? Uno stravolgimento? Una correzione impropria? Non ho le prove per dire che si tratti di una frode, lunica cosa che mi interessa è che è stata commessa uningiustizia, che ora è documentabile».
Ancora più complicato e interessante il meccanismo con cui la Giai ha scoperto il seggio in cui si era verificato lammanco di voti più clamoroso. Infatti, dopo la proclamazione di Pollastri, i suoi rappresentanti hanno acquisito lelenco dei voti in tutte le sezioni elettorali del Sudamerica. Poi hanno iniziato un lavoro di controllo incrociato con un documento ufficioso, ma molto importante: i verbali dei rappresentanti di lista dellUnione che nella notte dello scrutinio si erano appuntati il numero dei voti seggio per seggio. In questo modo, grazie al controllo incrociato, avevano trovato il clamoroso svarione nel seggio 619 di Caracas, in Venezuela (cioè nel Paese dove la Giai poteva contare sul sostegno della compagna di battaglia Marisa Bafile): 130 voti espressi sul suo nome erano stati spostati su Pollastri, mentre i 16 voti ottenuti da Pollastri erano stati attribuiti a lei. Cera il dolo in questa operazione?
In un primo momento, data la durezza della campagna elettorale allinterno dellUnione, gli uomini dei Ds non avevano avuto dubbi. E nel documentario Antonio Bruzzese, responsabile dellInca Cgil per lestero, aveva ruggito: «I mercenari, i bugiardi, i traditori devono pagare». Ed anche la Bafile, a caldo, aveva immaginato che Franco Danieli (attuale sottosegretario), responsabile per gli italiani allestero della Margherita, e a sua volta supporter di Pollastri, avesse una qualche parte di responsabilità: «Daniele sta facendo il pasticciaccio perché vuole il ministero. Ma sulla pelle mia deve passare prima di averlo, perché io, se solo ci provano, mi metto stesa davanti alla porta del ministero». Nella serata della sua festa elettorale, rovinata dal ricomputo, in pubblico, Mirella aveva accusato: «Gli imbrogli sappiamo che ci sono, e non li vogliamo».
Nelle ultime 48 ore, da quando questa disputa ha rischiato di trasformarsi in un caso nazionale, da ogni parte sono arrivate pressioni perché le due pasionarie diessine abbassassero i toni: dal partito, dalla Cgil, dai rappresentanti dellUnione. Ed è a questo punto che la Giai ha deciso di adottare un low profile ma allo stesso tempo di continuare la sua battaglia. Ieri nel luogo simbolo degli italiani di Rosario si era radunata una piccola folla. Mirella è molto amata dalla comunità locale, e quindi oltre ai giornalisti cerano diversi simpatizzanti. Chi ricordava il caso del governatore della provincia che aveva buttato le schede nel fiume, chi i tanti brogli che contraddistinguono anche le elezioni argentine.
Lei per ora non vuole che la situazione precipiti: «Chiedo solo giustizia, andrò fino in fondo». Ma è anche chiaro che se una così macroscopica alterazione del voto dovesse essere provata, sarà inevitabile interrogarsi su quante altre «sviste» o «errori» potrebbero essere stati commessi nella lunga notte dello scrutinio del voto degli italiani allestero. Intanto la vera paura è unaltra: non che il ricorso sia rifiutato, perché come spiega la Giai «i nostri rappresentanti a Roma hanno appurato che nel verbale, effettivamente, i voti sono attribuiti a me e che quindi su questo punto non cè possibilità di discussione». No, la paura è unaltra, quella di ottenere ragione troppo tardi, e di subire una beffa. Ad esempio quella che si è verificata per un deputato della scorsa legislatura, che si è visto riconoscere lelezione dopo quattro anni e mezzo di attesa, e a soli sei mesi dal nuovo voto. È proprio su questo punto che la Giai e la Bafile intendono chiedere anche ai Ds un impegno certo.
Un bel rompicapo per lUnione.
Luca Telese
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