Anche la Lega mette la retromarcia. In un anno ha perso il 5 per cento

Lo stupore di Bossi e dei colonnelli per il mancato successo e l’affermazione della sinistra. A confronto di 5 anni fa i voti sono stati circa il triplo, rispetto alle Regionali c’è stato un forte calo

Entrata in conclave papa, la Lega ne è uscita cardinale. Un brusco ritor­no alla realtà, dopo la sbornia dei son­daggi che l’avevano fatta volare al 14 per cento. Alimentando sogni di glo­ria e fame di poltrone. E, invece, il Car­roccio è approdato a un 9 per cento che certo rappresenta una bella avan­zata rispetto al misero 3,7 di cinque anni fa, ma un arretramento rispetto al pingue 14,49 del Carroccio a Mila­no nelle ultime elezioni regionali di appena dodici mesi fa. Poche le dichiarazioni dei colonnel­li leghisti riuniti nel quartier generale di via Bellerio. Con Umberto Bossi de­­sritto «stupito e irritato». Durissima verso gli alleati la prima analisi del vo­to. «Una volta si diceva che il Pdl vince grazie alla Lega, oggi si può dire che la Lega perde per colpa del Pdl». Una pri­ma presa di distanza che diventerà la linea del partito. In serata l’analisi del viceministro Roberto Castelli: «Un vo­to - spiega con cravatta verde, cami­cia e bretelle- che va diviso in due par­ti: i dati di Milano che non sono certo positivi per la coalizione e il sindaco che appoggiamo e il resto della Pada­nia, dove la Lega riporta significativi avanzamenti». Con le amministrazio­ni leghiste che erano 36 e potrebbero superare le 50. Implicito riferimento alla scelta di Bossi di presentare mol­te liste della Lega non legate al Pdl in centri come Desio, Rho e Gallarate. Un laboratorio i cui risultati, al mo­mento buoni, saranno attentamente considerati. «Un voto positivo per la Lega - aggiunge Calderoli, ma non ci nascondiamo la situazione di Mila­no. In ogni caso è finito solo il primo tempo». Altri 15 giorni di campagna elettorale per convincere il popolo le­ghista a votare un candidato non suo. «Ma quello di Milano - spiega - è un risultato anomalo. Non è mai accadu­to­che la città finisse in mano agli estre­misti di sinistra». A smentire immediatamente qualsi­asi dietrologia, le dichiarazioni di Ro­berto Formigoni. «La Lega- assicura il governatore - non ci ha tradito. E non c’era alcun sentore di questo. Ci ha messo un po’ a decidere di sostenere la Moratti, ma poi si è comportata in modo corretto». Ricordando quanto Bossi abbia fatto aspettare la Moratti prima di concedere il via libera, la­sciando a lungo intendere che il nome giusto avrebbe potuto essere addirit­tura il suo. «Io credo- aggiunge il mini­stro Roberto Calderoli - che il governo dovrà essere ancora più determinato sul capitolo delle riforme». Ed è stato proprio Bossi nel comizio di chiusura a ricordare l’importanza del federali­smo anche per Milano. «Partiamo in svantaggio di uno a zero - chiosa l’eu­rodeputato Matteo Salvini- Ma quan­do vado a vedere il Milan, il commen­t­o non lo faccio alla fine del primo tem­po, ma al novantesimo. Non avrei pen­sato che Pisapia prendesse più voti della Moratti, è un risultato che mi sor­prende e mi aiuta a riflettere». Ora «spero che nei prossimi 15 giorni si rie­sca a parlare di Milano, delle due Mila­no diverse prospettate dal centrode­stra e da Pisapia, senza parlare di Bri­gate Rosse e amenità varie».

Rabbia, invece, tra i militanti «Come era facile prevedere siamo stati puniti! - si legge nella pagina Facebook di Radio Pada­nia - Speriamo che Tremonti mandi presto Berlusconi a casa perché c’è da rifondare parecchio!».

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