da Roma
Non siamo ancora al grande freddo. Ma certo è una pellicola che si va ghiacciando giorno dopo giorno che ha preso ad avvolgere le relazioni tra Roma e Washington. Un rapporto raffreddato ulteriormente da Romano Prodi che ieri, dopo che DAlema aveva già manifestato la sua contrarietà allintervento americano in Somalia, ha espresso a France 24, la nuova tv all news voluta dal governo francese, non solo il suo disappunto per lintervento dei bombardieri a stelle e strisce, ma anche una nuova e netta presa di distanze dallamministrazione americana.
Neanche una notazione di Gianfranco Fini, il quale ha osservato che forse sarebbe stata opportuna una «maggior prudenza» sul caso, visto che a chiedere lintervento statunitense «è stato il governo somalo», ha evitato al professore di scendere in campo e spedire bacchettate Oltreoceano. «Noi siamo per una politica multilaterale - ha detto il premier - e qui si tratta di unazione unilaterale. Si moltiplicano i problemi con i Paesi del Medio Oriente, Irak, Libano e oggi la Somalia, mentre è il momento di prendere decisioni concertate e multilaterali. George Bush - ha concluso seccamente - dovrebbe trarre migliori lezioni dal rapporto Baker!».
Non si sa se il presidente del Consiglio le stesse parole le abbia rivolte, la sera prima, allambasciatore Usa in Italia Richard Spogli che si era recato a Palazzo Chigi in compagnia del sottosegretario agli Affari europei Daniel Fried, giunto nella capitale per uno scambio dopinioni. Molti ormai i punti di vista che non collimano più tra Roma e Washington. E sempre più larghe le sponde dellAtlantico anche per le ripetute prese di posizione di Massimo DAlema che - ricordando il suo sì alla guerra in Kosovo - pure godeva ancora di considerazione nella capitale americana. Il fatto è che nei confronti dellamministrazione Bush il nostro ministro degli Esteri sempre più spesso esterna posizioni critiche, che però negli Usa vengono considerate ostili al Paese tutto.
E in più, a incrementare le diffidenze cè il pasticciaccio di Vicenza. Dove da tempo gli americani hanno fatto sapere di voler allargare la propria base militare e su cui il governo traccheggia, dando fiato alloltranzismo anti-yankee della zona che non solo è contrario allespansione ma che preferirebbero se i militari Usa proprio se ne andassero in Germania. Come hanno ipotizzato di fare se non avranno il via libera ai progetti messi a punto. Un paio di giorni fa proprio Spogli è stato contestato nella città veneta (e dal centrodestra ci si è interrogati sul fatto che il governo non avesse provveduto, come si fa di solito, a fornire il diplomatico di una robusta scorta), e il problema si è fatto incandescente.
Il sindaco Hullweck (centrodestra) ha fatto capire che il governo avrebbe già deciso per il no al potenziamento della base, e che lo stesso DAlema - rispetto ad obiezioni mossegli sui rischi occupazionali - avrebbe detto a Spogli che 1.200 addetti in una città ricca come Vicenza avrebbero benissimo trovato posto altrove. Il ministro degli Esteri ha contrattaccato, smentendo il sindaco. Fatto sta che il problema è irrisolto. Che il governo - come accusa il governatore Galan - non fa sapere ormai da troppo tempo cosa intende fare sullargomento e che a Washington cominciano a diffidare della Farnesina e del suo titolare, accolto al suo esordio a Washington da una Condoleezza Rice che lo aveva invitato a chiamarla per nome e a dargli del tu.
Tra laltro la scelta di DAlema di inviare la sottosegretaria Sentinelli (Rifondazione) a rispondere alle interrogazioni parlamentari sui fatti somali non è granché piaciuta a via Veneto, sede dellambasciata Usa. Come non tutti hanno capito a che gioco giochi il titolare della Farnesina nella vicenda della lotta al terrorismo.
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