Anche il Riesame dice no: Scaglia resta in cella

Ancora un «no» alla scarcerazione di Silvio Scaglia, fondatore ed ex amministratore delegato di Fastweb. Dopo il rigetto della richiesta da parte del gip Aldo Morgigni, lo stesso che aveva firmato l’ordinanza di custodia cautelare nei suoi confronti per associazione a delinquere finalizzata all’evasione fiscale, è arrivato oggi anche quello del tribunale del Riesame.
Resta dunque in carcere Scaglia, coinvolto nella vicenda della maxievasione di 365 milioni di euro che sarebbe avvenuta attraverso un complesso meccanismo di operazioni attuato da Fastweb e Telecom Sparkle, filone della più complessa indagine su un riciclaggio di due miliardi di euro. E in carcere restano anche l’imprenditore Gennaro Mokbel, ritenuto una dei personaggi chiave dell’organizzazione criminale sgominata dalla procura di Roma, ed altri 10 indagati: tra questi l’avvocato Paolo Colosimo, la moglie di Mokbel, Giorgia Ricci, ed il cognato Antonio Ricci.
Il tribunale del Riesame, presieduto da Giuseppe D’Arma, ha quindi ritenuto non attenuate le esigenze di custodia cautelare. Il collegio competente sulla legittimità dei provvedimenti restrittivi era stato dello stesso parere anche la settimana scorsa quando aveva respinto le richieste di revoca delle ordinanze presentate da altri otto (complessivamente sono 56) arrestati e, tra loro, anche Stefano Mazzitelli, ex amministratore delegato di Telecom Sparkle. A Scaglia, Mokbel e a tutti gli altri che si sono visti rigettare le richieste, non resta ora che la via del ricorso alla Cassazione. L’ex amministratore delegato di Fastweb, attraverso i suoi difensori, l’ha già annunciato. «Tutta l’accusa - hanno dichiarato gli avvocati Piermaria Corso e Antonio Fiorella - si basa sulla supposizione che Scaglia “non poteva non sapere”. Un concetto molto labile che non solo non costituisce una prova, ma dimostra la totale inconsistenza dell’accusa».


«La verità - hanno aggiunto i due legali - è che l’accusa non ha elementi di alcun tipo, nessun documento, nessuna intercettazione, nessuna dichiarazione concreta sul nostro assistito».
In sintesi, secondo il suoi legali, non ci sarebbero prove o motivazioni oggettive per tenerlo in carcere.

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