Marisa de Moliner
Non un miracolo, piuttosto una bufala. Lo scetticismo pervade il mondo scientifico alla notizia della presunta guarigione del venticinquenne inglese. E uno dei maggiori esperti nella lotta allAids non esce dal coro. Senza mezze misure il professor Mauro Moroni, docente di Malattie infettive allUniversità degli Studi di Milano - autore di almeno 300 pubblicazioni e contributi a congressi nazionali e internazionali, direttore dellIstituto di malattie infettive e tropicali sempre nella stessa università milanese, membro delle commissioni della Regione Lombardia sulle malattie infettive e contro lHiv - non esita a bollare come non credibile la «straordinaria e unica» guarigione. «Di questa storia non ne so assolutamente nulla ma mi pare assolutamente inattendibile» dichiara il professore che dirige anche la Terza clinica malattie infettive dellospedale Sacco di Milano.
Moroni insisteo: «Per giudicare bisogna conoscerne di più, sapere a quali esami è stato sottoposto il paziente, anche se la fonte della notizia (il giornale News of the World) non mi sembra molto attendibile». Le notizie rimbalzate dalla Gran Bretagna non sono in effetti accompagnate da dati clinici. Lunico supporto, ma troppo fiacco per gli esperti, è la dichiarazione di un portavoce del Chelsea and Westminster Healtcare Trust di Londra. Una dichiarazione laconica che ammette soltanto il fatto che il paziente è risultato negativo a quattordici mesi dal test. «È troppo poco per azzardare unipotesi - spiega ancora -, non resta che prendere questannuncio come una buona notizia e niente di più». Per lesperto milanese la vicenda non merita di più e alla domanda se una notizia come questa non rischi di fare danni tra i malati, inducendoli ad abbandonare le cure con la speranza demulare il giovane inglese. «Assolutamente no - è sicuro Mauro Moroni -, questo è un rischio che non si corre. Ogni situazione è un caso a sé. E i pazienti lo sanno bene. Le persone sieropositive sono coscienti del fatto che sabbassano le difese immunitarie e si alza la carica virale e non pensano certo ad abbandonare le cure».
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