Arturo Gismondi
La sveglia è venuta da ambienti liberal dei Ds, di essa si è fatto interprete il giornale Il Riformista, e riguarda la politica europea sottoposta, nelle ultime settimane, ad autentiche tempeste: il no francese e olandese al referendum popolare sulla Carta costituzionale, la decisione di alcuni Paesi di «congelare» la sua approvazione, estesa dal Consiglio di Bruxelles dei giorni scorsi a tutta lUnione.
Si tratta già di una impasse seria che equivale alla rinuncia sine die a una fase della costruzione politica caratterizzata fin qui dallallargamento a venticinque dei Paesi aderenti allUnione. È un aspetto importante della crisi poiché certifica che allallargamento dellarea dellUnione non corrisponde la prevista revisione delle strutture e dei rapporti fra le istituzioni europee.
Si è aggiunto nei giorni scorsi il fallimento della riunione dei capi di Stato e di governo sul bilancio dellUnione dal 2007 al 2013. La battuta darresto non avrà effetti drammatici, come prevede Berlusconi, e sarà magari loccasione per una revisione seria dei criteri che fin qui hanno ispirato i bilanci comunitari.
Resta il fatto che nei colloqui di Bruxelles che hanno preceduto la sfortunata conclusione del Consiglio, Tony Blair, che dal 1° luglio assumerà la Presidenza dellUnione, ha messo in discussione uno dei criteri che hanno caratterizzato fin qui i bilanci europei, soprattutto lonere della politica agricola, che sta a cuore a diversi Paesi ma che ha trovato ancora una volta in Chirac il difensore più risoluto, affiancato da Schröder.
Blair ha abbozzato in parte, e per linee molto generali, la sua alternativa ai bilanci europei parlando di una politica dello sviluppo, e di attenzione ai settori più avanzati, alla ricerca e allo sviluppo in senso dinamico della società europea, così da spingerla a inserirsi nella crescita dellarea americana ed asiatica.
La chiamata in causa della sinistra riformista italiana si fa a questo punto più sollecita, e puntuale. Il Riformista osserva in un recente articolo che «lEuropa è stata per il centrosinistra italiano il surrogato post-muro del sol dellavvenire». Il giudizio è reso più calzante dal modo acritico, e un po dogmatico, col quale i Ds hanno difeso lopzione europea, abbondando nella definizione di «euroscettici» tutti coloro che anche su singoli temi mostrassero riserve o critiche sulla politica economica, sulla Giustizia (significativamente ai tempi del varo del mandato di cattura europeo) ma anche sulla bulimia legislativa della Commissione e sul ruolo della tecnocrazia nellUnione. Ladesione acritica alla politica europea ha trovato ulteriori motivi di conferma da noi nella frattura, guidata dalla Francia, nei confronti degli Stati Uniti dopo l11 settembre e a seguito della guerra in Irak.
La crisi investe in definitiva il cuore della politica europea, e i rapporti di forza interni non più regolabili dal vecchio direttorio franco-tedesco reso più debole dalla posizione di Chirac a seguito del referendum del 29 maggio, e dalla sconfitta che costringe Schröder alle elezioni anticipate in ottobre.
Non aiuta la nostra sinistra la divisione nelle sue file, e latteggiamento della sua area estrema, ancora più diffidente verso le posizioni più «liberiste» di Blair.
a.gismondi@tin.it
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.