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Ma anche le Società di corse dovranno tirare la cinghia

Siamo stati deliziati dalle due «lenzuolate» abbondanti di giornale apparse sul quotidiano ippico il 23 dicembre scorso a coronamento di una specie di riunione del tipo Unione Sovietica, convocata dal ministro dell’Agricoltura, Paolo De Castro, presente il commissario dell’Unire, Melzi d’Eril, presso la sede del Mipaf, per «spiegare» come stanno le cose nell’ippica. Che sia questo il nuovo modus operandi che ci aspetta dalla prossima Unione o partito democratico che dir si voglia, anche se la gestazione politica appare un poco travagliata e di non facile soluzione? Auguri per tutti noi, sudditi e non più cittadini. Ne abbiamo davvero bisogno. Non era una conferenza stampa, perché non vi erano presenti giornalisti, salvo che due o tre. Le categorie rigorosamente limitate a due rappresentanti ciascuna, domande e commenti assolutamente non graditi e così via. Il resto di noi poveri sudditi non ammessi alla visione dei sommi capi, è stato abbondantemente - forse anche troppo - messo al corrente dalle paginate di cui sopra.
La mia capacità critica è molto limitata forsanche appannata, ritengo bastassero dieci righe per spiegare chiaramente, ma forse non era questa l’intenzione, quanto era successo e quali sono le intenzioni. Fortunatamente un vecchio detto recita: tra il dire e il fare c’è di mezzo il mare. Speriamo. Perché se quanto è stato detto, dovesse essere realizzato, tutti noi ippici dovremmo rapidamente cambiare mestiere e scappare il più lontano possibile da ogni tentazione di continuare ad allevare o peggio ancora dal tenere cavalli in proprietà. In un profluvio di parole al vento è stato sostenuto che l’ippica va male perché sino ad ora siamo stati, nella migliore delle ipotesi, gestiti da manutengoli se non ladri o peggio e questo mi può anche andare bene, ormai è un classico: la colpa è sempre di chi ci ha preceduto. Quello che non posso condividere e la terapia, mimetizzata nella marea di parole, la considero un vero pericolo mortale per l’ippica. Il pistolotto attacca col dire: vi sono stati dei privilegiati, il riferimento è chiaro alle Agenzie ippiche, e prosegue: un’importante categoria ha sofferto tanto (poverini!), non ha potuto fare gli investimenti necessari ed ora si ritrova con strutture «fatiscenti»: le Società di corse, cioè gli ippodromi. Ma tutti i miliardi che sono stati dati dall’Unire nel corso degli anni a questi «benemeriti» dove sono andati a finire? Svenarsi ulteriormente sarebbe un suicidio.
Riporto una dichiarazione del ministro De Castro: «...È ora di cancellare una volta per tutte quelle voci e vocine che ogni tanto sento circolare e che danno solo fastidio. Quindi Guido Melzi è Commissario dell'Unire e lo sarà finché al Governo ci sarà Romano Prodi e io sarò il Ministro dell’Agricoltura. Dico di più, se il Tar dovesse intervenire lo nominerei nuovamente quattro minuti dopo...», semplicemente allucinante. E’ evidente che l’essere ridiventato ministro, dopo un’astinenza di qualche anno, ha nociuto al personaggio che ora usa un’arroganza che non gli conoscevamo. Non è ammissibile esprimersi in questi termini contro un legittimo potere dello Stato e da parte di un ministro.
A mio avviso il piano di risanamento dei bilanci dell’Unire deve passare obbligatoriamente attraverso innanzitutto il taglio delle spese - lievitate negli ultimi anni in modo abominevole - di un ente che assomiglia sempre di più ad un elefante in equilibrio - sempre più precario - sul filo. E questi tagli dovrebbe farli il commissario Melzi. Quest’ultimo poi dovrebbe concentrare sforzi e risorse per far approdare finalmente Tris, Quartè e Quintè su un canale televisivo in chiaro: soltanto così l’ippica può recuperare quell’appeal che non ha più: non dimentichiamo che allo stato attuale il ricambio generazionale degli scommettitori è pressoché nullo. Controproducente e dannoso - oltre che profondamente ingiusto - è far pagare un conto salato alle categorie produttive. Non si può fermare il treno in corsa e decurtare provvidenze e premi alla qualifica: chi ha acquistato puledri alle aste, ad esempio, avrebbe tutte le ragioni di sentirsi truffato e potrebbe, a ragione, adire le vie legali. In sostanza il ministro De Castro, per evitare che il mercato del cavallo da corsa si riduca definitivamente ai minimi termini, dovrebbe mettere mano ai cordoni della borsa: con pochi milioni di euro l’ippica ripartirà.

E non mi si venga a parlare di assistenzialismo: io lo chiamo sano buon senso.

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