Anche il Toro scopre che il Palermo non è un’illusione

Quinta vittoria consecutiva, segnano Corini, Di Michele e Amauri. Granata senza idee, vacilla la panchina di Zaccheroni

Marcello Di Dio

nostro inviato a Palermo

Cinque vittorie di fila, come 45 anni fa. Allora i protagonisti in maglia rosanero erano Mattrel, Burgnich, Malavasi e un estroso brasiliano di nome Fernando; alla fine arrivò un lusinghiero ottavo posto. Oggi il Palermo dei record ha gente di esperienza (il portiere Fontana, il regista Corini e l’attaccante Di Michele), campioni del mondo (i difensori Barzagli e Zaccardo) e giovani interessanti (il sudamericano Amauri e l’esterno Cassani). Un mix di calciatori che quasi sicuramente, nel campionato più mediocre degli ultimi trenta anni, a maggio prossimo avrà una classifica migliore di quella degli «antenati».
Guai però a pronunciare la parolina magica, nello spogliatoio parlare di tricolore è tabù. E guai a fare paragoni eccellenti: il Verona dell’85, ma anche la Samp del ’91 erano un’altra cosa. Francesco Guidolin da buon uomo di calcio continua a ripetere che non vuole essere «un venditore di illusioni» e preferisce pensare al fatto che «undici punti di vantaggio sulla quarta cominciano a essere un divario importante», mentre non pensa ai venti che ha in più rispetto al Milan («in realtà sono partiti con l’handicap...»). Piedi per terra, dunque, così come patron Zamparini che nei giorni scorsi aveva detto di credere al primo posto solo se fra due settimane «il Palermo batterà l’Inter per 3-0». Un risultato netto, come quello che la squadra siciliana infligge al Torino. Mandando in gol i suoi cannonieri: dal Corini che, parafrasando uno spot di qualche anno fa, se non ci fosse bisognerebbe inventarlo, al Di Michele confusionario nel primo tempo quanto cinico e spietato nella ripresa. Fino all’Amauri che anche in una giornata no riesce a mettere il suo sigillo. Diciassette gol in tre, buona parte del sostazioso bottino (26 le reti all’attivo) collezionato dal Palermo in undici giornate. «Oggi la mia squadra mi sembrava il Werder Brema, solida e piena di iniziative, che ha entusiasmo e diverte», sottolinea il tecnico dei rosanero. Che ieri, per la verità, almeno nel primo tempo non aveva entusiasmato per niente: costante possesso palla ma gioco frenetico, difesa a tre che aveva dovuto lavorare sodo contro la punta e i due trequartisti granata, attacco che stentava a decollare. Insomma, se dopo nove minuti Fontana non avesse deviato sul palo il potente tiro di Rosina dal limite, forse le difficoltà per i siciliani sarebbero aumentate. E invece, in un centrocampo comunque di qualità e quantità, saliva in cattedra Eugenio Corini: lanci illuminanti, recuperi preziosi, un clamoroso rigore negatogli (netta la spinta di Comotto), un’ammonizione che gli farà saltare (insieme a Biava) la trasferta di Cagliari e, prima di un leggero infortunio, il gol a fine primo tempo che mette in discesa la partita.
Ci si aspetterebbe la reazione degli ospiti, ma il mitico cuore Toro è ormai un lontano ricordo, nonostante il presidente Cairo continui a richiederlo alla sua squadra. I secondi 45 minuti dei granata sono senza dignità, senza un briciolo di idee e con il solo Rosina (strano che l’Under 21 non sia titolare fisso in questa squadra...) a cercare qualche iniziativa in attacco – vedi la traversa colpita a match ormai deciso -. A quel punto esce Di Michele, autore di un gol e di un assist vincente (ma per colpa di un crampo al flessore destro non potrà rispondere alla convocazione azzurra e la cosa non gli dispiace affatto...). Amauri regala una sola giocata ma degna della sua fama. «Il gol non deve diventare un’ossessione, a me interessa solo che vinca il Palermo», si schermisce il brasiliano. Il 3-0 è confezionato, la serie positiva si allunga, il Toro è definitivamente matato.

«Ma io ho visto una squadra in crescita e i gol sono arrivati da nostre ingenuità difensive», evidenzia Zaccheroni. Che nonostante le dichiarazioni di rito, sente la panchina meno salda. Domenica la sfida con la Sampdoria sarà quasi un’ultima chiamata.

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