Anche vecchie conoscenze dell’inchiesta Mani pulite nei dossier su Antonveneta

Il ruolo svolto da professionisti, sindaci, alti ufficiali della Finanza, nella rete di collegamenti stabilita dal banchiere lodigiano

Anche vecchie conoscenze dell’inchiesta Mani pulite nei dossier su Antonveneta

Gianluigi Nuzzi

da Milano

Emergono insospettabili professionisti e vecchie conoscenze di Mani pulite nella caccia alle talpe avviata dalla Procura di Milano per difendere l’inchiesta Antonveneta dalle fughe di notizie. Fiorani ha messo a verbale che grazie anche all’ex comandante in seconda della Guardia di Finanza, il generale di Corpo d’armata Francesco D’Isanto (o al figlio), alcuni degli indagati sarebbero stati avvisati che avevano i telefoni sotto controllo. A sostegno di quanto affermato e del legame con D’Isanto, Fiorani ha anche aggiunto che il figlio del generale è sindaco della Banca popolare italiana.
Ed è proprio su quest’ultimo soggetto che le indagini si sono soffermate. Andrea D’Isanto, classe 1967, già ufficiale di complemento delle Fiamme Gialle, commercialista e docente di Scienze politiche all’Università Statale di Milano, ha lo studio nel capoluogo lombardo. E nel suo portafoglio clienti annovera prestigiosi rapporti (a iniziare da quelli con società partecipate da Marcellino Gavio). Ma agli inquirenti interessano soprattutto i suoi rapporti da ex socio con il commercialista Roberto Araldi, già arrestato da Antonio Di Pietro, ora indagato per associazione a delinquere nell’inchiesta Antonveneta in concorso con Fiorani. Inoltre D’Isanto tra i circa sessanta incarichi ricoperti, siede nei collegi sindacali di numerose finanziarie del gruppo Bpi. Il rapporto con Fiorani si consolidò nel 2004, quando ad aprile D’Isanto junior venne scelto come sindaco effettivo di Bipielle Riscossioni e di Gestione Credito spa, per essere rinvigorito un anno fa quando iniziò a ricoprire analoghi incarichi in Bipielle Real Estate e Alternative Sgr. Il suo quartier generale è nel centro di Milano. A pochi passi dal Duomo, dove ha aperto una società di consulenza, la Italia 6 service. Tra i soci di studio figura anche Aldo Camagni, già perito per i pm umbri nell’inchiesta Federconsorzi per la vendita di Fedital all’ex re della Cirio, Sergio Cragnotti. Camagni rimase coinvolto nelle indagini del pm Riccardo Targetti sui falsi in bilancio di Bipiemme per essere poi prosciolto dal collegio presieduto da Francesco Castellano. Già a 35 anni, D’Isanto venne scelto dal bresciano Chicco Gnutti come consigliere della Nazionale Fiduciaria spa, dove rimase per due anni, prima che venisse assorbita nel 2004 da Banca Valori, ovvero dall’allora Popolare di Lodi. D’Isanto era anche socio di minoranza al 20% in Omicron, società di un altro collega sindaco di Bpi, appunto Araldi. Venne arrestato nel marzo del 1993 da Di Pietro per una tangente da 6 miliardi elargita per l’accusa da Fiat Avio e destinata ad alcuni consiglieri Eni. Ma l’ordinanza di custodia venne annullata dal riesame mentre in un’altra vicenda si vide applicare la prescrizione dal gip Grigo. Oggi Araldi è indagato per associazione a delinquere nell’inchiesta Antonveneta: per l’accusa avrebbe messo a disposizione di Fiorani il conto Coppe presso Bpl Suisse per operazioni finanziarie riservate.
Intrecci infiniti: sia Araldi sia D’Isanto, infine, compaiono a titolo diverso in società del gruppo lodigiano Ferrari. Come Fiorani, anche Araldi è consigliere della Luigi Ferrari srl, società di Lodi impegnata nel settore degli alimenti zootecnici.

Nel collegio sindacale, invece, D’Isanto e il presidente di Bpi, Giovanni Benevento. Presidente del cda della Luigi Ferrari è invece l’azionista di maggioranza Francesco Ferrari, che è anche consigliere dal 2002 dell’ex Popolare di Lodi.
gianluigi.nuzzi@ilgiornale.it

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