Anche in versione «british» Ancelotti stuzzica Mourinho: «Non conosco Special One»

Londra«I don't know the Special One». È bastata una battuta sul vecchio «nemico» Mourinho per strappare la prima risata alla platea di giornalisti che lo attendeva al varco. C'era grande curiosità attorno all’inglese di Ancelotti, alla sua prima conferenza da allenatore del Chelsea. Due settimane in Olanda, per una full-immersion anglofona, gli hanno però garantito una promozione senza riserve. Sorridente, di buon umore, rilassato Ancelotti ha spaziato a 360 gradi. Passato, presente e futuro. Dagli auguri al Milan al mercato del Chelsea, dalla sua idea di calcio al principale traguardo della prossima stagione, che non può che essere la conquista dell’Europa. «Anche il campionato è importante, siamo il Chelsea, abbiamo il dovere di giocare sempre per vincere. Ma la Champions League resta il torneo più importante al mondo, è molto difficile, ma sono qui per conquistarla. Basta solo un piccolo passo in avanti». E possibilmente qualche acquisto.
Preso Zhirkov dal Cska Mosca per 20 milioni di euro, il prossimo obiettivo è un centrocampista creativo che possa aggiungere qualità ad una squadra già forte fisicamente. «Ma di Pirlo e Pato non voglio parlare perché sono giocatori del Milan. Deco e Carvalho? Se qualche giocatore non vuole restare al Chelsea deve andare in società e farsi sentire. Solo a quel punto cercheremo una soluzione per il bene di tutti». Nel pomeriggio il primo incontro con la squadra, con la quale promette che comunicherà senza interprete. «Sto studiando inglese, sono sicuro che nel giro di due mesi parlerò meglio. Non è facile ma è importante avere un buon rapporto con tutti, giornalisti compresi». Ancelotti, che ha firmato un contratto di tre anni, siederà su una panchina sulla quale nell’ultimo biennio si sono susseguiti cinque allenatori. Da Ranieri a Hiddink, passando per Mourinho, Grant e Scolari. «Non voglio fare paragoni con altri allenatori. Rispetto e mantengo buoni rapporti con tutti ma voglio fare alla mia maniera. Sono felice e onorato. Mi piace il mio lavoro e spero di restare qui per molto tempo. Vengo da una buona esperienza con il Milan». Il Milan, appunto. Una storia lunga otto anni. «Voglio ringraziare tutti e augurare buona fortuna. La partenza di Kakà? È un grande giocatore ma quando partono i campioni accade spesso che altri giocatori possano dare qualcosa di più. Leonardo? È un amico, per lui si tratta di una grande opportunità e con l'aiuto di Tassotti può fare bene». Ma non c’è tempo per la nostalgia. Tra una settimana inizierà la tournée negli States con le amichevoli contro le squadre milanesi (il 21 contro l'Inter a Pasadena, il 24 con il Milan a Baltimora). «Voglio che il Chelsea abbia una precisa identità tattica. Calcio spettacolo? Se una squadra gioca bene ha più possibilità di vincere. Vedremo in ritiro come sfruttare al meglio le qualità dei giocatori». Come quelle di Drogba, confermato, e di Terry che non si muoverà dallo Stamford Bridge nonostante i 45 milioni di euro offerti dal Manchester City. «È il simbolo di questa squadra, come lo era Maldini per il Milan. Per Terry non c'è prezzo», poi la battuta: «Ma non so se sarà ancora il capitano», prima di ammettere in perfetto stile british che «naturalmente sto scherzando».

Più incerto il futuro di Andry Shevchenko: «Per il momento verrà in ritiro con noi, poi valuteremo cosa fare». Ad attenderlo in Inghilterra, oltre a Zola, oggi alla guida del West Ham, anche Capello, suo ultimo allenatore in rossonero. «Abbiamo sempre avuto un buon rapporto, penso che resterà così». Good luck.

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