ANCORA COSI'

Franco Ordine nostro inviato

a Kaiserslautern
Date retta a un fedele servitore. C’è un solo referendum che intriga oggi, atteso nelle case degli italiani sensibili al fascino del mondiale di calcio. E riguarda, nella fattispecie, il dna della Nazionale di Lippi, timida o sfrontata l’accertamento da stabilire, sulla difensiva o lanciata all’attacco, con allegato il quesito fondamentale relativo al contributo che Francesco Totti può dare alla causa azzurra, chiamato come si ritrova alla prova regina, dopo cauti segnali di ripresa e pause preoccupanti. È un referendum che procura, nell’attesa del suo esito incerto, qualche tensione di troppo come riferiscono le cronache della conferenza-stampa di Lippi, ma che forse alla fine giovano alla tensione del gruppo, al raggiungimento del risultato. Che è fondamentale per le sorti del calcio azzurro. Alle viste non c’è solo il superamento dell’ottavo di finale, il traguardo mancato quattro anni prima da Trapattoni, a Daejon, al cospetto del volpone Hiddink e della sua Corea. Gli errori di mira di Vieri, le topiche di Moreno e qualche sfondone del ct, ci sospinsero verso una clamorosa e umiliante ritirata. Qui, a Kaiserslautern, si intravede una bella discesa verso la semifinale, con tanto di vista panoramica su Berlino, e l’appuntamento magico del 9 luglio, la notte della finalissima. Già perché oltre l’Australia possono spuntare la Svizzera o Shevchenko, guida spirituale dell’Ucraina mentre la concorrenza, dall’altra parte del tabellone, si scanna in sfide crudeli, Argentina contro Germania per esempio. L’Australia di Guus Hiddink, è bene dirlo in modo netto, è una squadra che ha un grande valore aggiunto: l’astuzia del suo condottiero, capace di cogliere i punti deboli del rivale e su quelli lavorare sodo. Il punto debole dell’Italia di Lippi è il suo stato di forma fisico: Totti non va al massimo, il centrocampo ha due cani da guardia, Gattuso e Perrotta, difficile reggere così l’impalcatura del tridente con cui Lippi si presentò al mondiale a miracol mostrare. Con questo disegno stregò la platea, Blatter e Beckenbauer prima di ordinare un dietrofront con la Repubblica Ceca, per limitare i danni determinati da una salute discutibile.
Ma il calcio italiano, pur così usurato, con qualche assenza di troppo (Nesta più lo squalificato De Rossi) non può temere i canguri d’Australia che fecero soffrire il Brasile fino a quando Ronaldo e compagnia giocarono sotto ritmo, patendo il pressing e i contropiedi velenosi. Appena scesero d’intensità (si gioca alle 17, il meteo preannuncia temporali e fresco dopo il caldo opprimente di ieri, 34 gradi sulla collina del diavolo, al Fritz Walter stadion), si lasciarono infilzare dai carioca e dalle loro giocate sopraffine. Bisogna comportarsi di conseguenza. Di qui la scelta orgogliosa di Lippi recuperando il patrimonio genetico con una correzione decisiva: Iaquinta, per esempio, gioca a destra, da ala, per costringere i gialli di Sydney ad aggiungere un quarto difensore che si occupi del calabrese, veloce come una freccia. Davanti, Gilardino, assistito da Totti, forma una coppia capace di bandire la tavola della partita con efficaci intese. In certi casi la convinzione nel proprio modulo e la sicurezza nei propri mezzi contano più di un campione ispirato.

Eppure Totti resta ancora al centro del dibattito e non può cavarsela con un colpo di tacco, un tiro sbilenco, una rincorsa ogni tanto. Se vuole catturare la scena del mondiale e spazzare via le discussioni sul suo utilizzo, ha un solo modo, antico e convenzionale. Deve fare Totti, magari anche solo per un’ora. E farci sognare a occhi aperti.

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