Anderson, il pioniere della provincia americana

Non dei semplici racconti, ma la «pietra miliare» dei racconti americani: il grandissimo Sherwood Anderson torna il libreria con la raccolta Winesburg, Ohio, ripubblicata in questi giorni da Einaudi (pagg. XII-234, euro 20). Finalmente, dopo anni di oblio, uno dei libri più importanti della storia della letteratura statunitense. Un testo che, per la prima volta, rivelò agli americani le doppie vite degli abitanti dei piccoli paesi di provincia, le loro aspirazioni, i loro sogni. Il suo autore è oggi meno noto in Italia di altri mostri sacri come Fitzgerald o Hemingway, ma gode di enorme credito fra chi di mestiere fa lo scrittore. Ed è un credito meritato. Di Anderson c’è ancora molto da leggere e molto da scoprire, come i suoi bellissimi scritti autobiografici inediti in Italia.
Anderson, nato a Camden, Ohio, nel 1876, si realizzò come scrittore entrando nel circolo di Carl Sandburg e Theodore Dreiser (altri due grandi dimenticati) mantenendosi lavorando in un’agenzia di pubblicità. Una «scuola» che molto influirà sulla sua scrittura semplice, diretta e incisiva. Ebbe una vita più agitata che agiata: un’adolescenza poverissima trascorsa come vagabondo per le strade dell’Ohio sino a ritrovarsi a Cuba; combatté nella guerra ispano-americana, per poi raggiungere il successo e isolarsi a Panama dove morì nel 1941. Morì soffocato mangiando un panino al prosciutto a cui aveva dimenticato di togliere uno stuzzicadenti.
Il suo capolavoro è senz’altro Winesburg, Ohio, via di mezzo fra raccolta di racconti e romanzo, tanto che spesso prevale quest’ultima definizione. A dare unità alle ventidue narrazioni è la figura di George Willard, giovane cronista che osserva la vita del proprio paese e diventa, col procedere dei racconti, sempre più cosciente e lucido sul vicolo cieco in cui molte esistenze dei suoi concittadini sono destinate a perdersi. Non si pensi a grandi catastrofi. Il male di vivere cresce anche nella più infima quotidianità. Non è gente povera, non ha subito incendi o inondazioni o carestie, non vive qualche sciagura universale: è solo infelice. Infelice perché intrappolati nella propria ragnatela psicologica, nel loro vivere una vita a metà.
Ma - come per un altro autore vicino alla Chicago Reinassance, Edgar Lee Masters e il suo Spoon River - la cosa che più rimane impressa di questo piccolo libro è il senso del luogo, la coralità, la capacità di saper «fotografare» un paese qualunque della provincia americana a inizio secolo.

Anche se oggi le sue «rivelazioni» possono sembrare innocenti, Anderson ha veramente svelato all’America il suo volto nascosto, descrivendone i turbamenti e immortalandone - per usare le parole di Moravia, un fan del libro - «la trasformazione da paese agricolo e patriarcale a nazione moderna e industriale».

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