Anelka: "Ancelotti mi ha fatto capire che non sono un paracarro"

L’incontro con Allah ha cambiato la sua vita, quello con Ancelotti il suo modo di giocare a pallone. Nicolas Anelka, o Abdul Bilal secondo la dottrina coranica, ha le idee chiare: "Prima mi sentivo in concorrenza con Drogba, grazie ad Ancelotti siamo diventati un vero tandem offensivo"

Anelka: "Ancelotti mi ha fatto capire che non sono un paracarro"

di Luigi Guelpa

L’incontro con Allah ha cambiato la sua vita, quello con Ancelotti il suo modo di giocare a pallone. Nicolas Anelka, o Abdul Bilal secondo la dottrina coranica, ha le idee chiare: «Prima mi sentivo in concorrenza con Drogba, grazie ad Ancelotti siamo diventati un vero tandem offensivo».
L’ex ragazzino di Tappes, malfamato agglomerato di case alle porte di Parigi, ha scoperto l’inferno a Madrid quando nel Real avrebbe dovuto invece raggiungere l’apice della carriera. Dopo un lungo calvario è rimasto folgorato sulla strada di Istanbul, dove ha abbracciato l’Islam, e a Londra, dove Ancelotti è diventato il suo mentore.
«Mi ha offerto una seconda possibilità. Devo ringraziare lui e il Chelsea se vengo considerato un giocatore di valore mondiale. Non posso certo dimenticare ciò che ho imparato all’Arsenal e nel Real Madrid, ma qui si vive un’atmosfera speciale. Sono cresciuto come uomo prima ancora che come calciatore».
Che cosa ha fatto di così speciale il suo allenatore per trasformarla?
«Innanzitutto Ancelotti è uno che non considera i giocatori tessere di un mosaico, ma persone. Parliamo spesso, di calcio così come di altri argomenti. Mi ha fatto capire ad esempio che mi stavo trasformando in un paracarro piantato in area di rigore. Mi ha spiegato che potevo diventare micidiale se partivo dalla distanza, se sfruttavo il gioco sulle fasce e se appoggiavo i movimenti di Drogba. Sa essere persuasivo, mi ha convinto e sono diventato un altro».
Ma è vera o leggenda la storia delle videocassette di Owen?
«Quando il mister mi ha detto che cosa voleva ha menzionato i movimenti di Owen. Non c’è stato bisogno dei video, con Michael avevo giocato a Liverpool».
La cura Ancelotti ha cambiato solo Anelka o anche l’atteggiamento della squadra?
«È un discorso che mi sento di estendere a tutto il gruppo. Ancelotti ha una mentalità vincente e riesce a trasmetterla a chi l’ascolta. Fin dal primo allenamento ci ha messo in testa l’idea che si potesse aprire un ciclo importante in Inghilterra così come in Europa. Senza stravolgere la squadra, ma facendo crescere questo gruppo e sfruttando quelle che lui riteneva potenzialità ancora inespresse».
La sfida con l’Inter è una tappa fondamentale per la vostra stagione. Qualche timore?
«Nessuno. La mia fede religiosa mi ha aiutato a trovare equilibrio nei momenti difficili, nella vita così come in campo. A Milano pur perdendo abbiamo dominato e credo che a Stamford Bridge possiamo giocare la partita perfetta».
È rimasto sorpreso dal calo improvviso dell’Inter in campionato?
«Tutte le squadre vivono periodi alterni. Forse a Catania mancavano gli stimoli o magari pensavano alla gara di Champions. Sicuramente l’Inter ritroverà le motivazioni contro di noi».


Si sente di fare un pronostico?
«Per scaramanzia preferisco di no. L’ultima volta che mi sono lasciato andare a previsioni è accaduto prima della finale di Mosca con il Manchester di due anni fa. L’immagine di quel rigore sbagliato mi torna ancora in mente, anche nei sogni».

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