Anelka, un "vaffa" a Domenech. E i francesi lo mandano a casa

L’estroso attaccante punito per l’alterco con il ct Duro anche Sarkozy: «Comportamento inaccettabile»

Anelka, un "vaffa" a Domenech. E i francesi lo mandano a casa

Vi racconto di Abdul Salam Bilal. Vi racconto di Nicolas Anelka. Sono la stessa persona, dopo e prima della conversione alla religione musulmana. Vi racconto di un tipo che gli inglesi definirono The incredible sulk, l’incredibile faccia incazzata. Vi racconto che dopo la sconfitta con il Messico Abdul Nicolas ha detto testualmente rivolto al proprio allenatore Raymond Domenech, come riportato da l’Equipe: «Va te faire inculer, sale fils de pute». Penso che non sia necessario, oltre che opportuno, tradurre la frase gentile del ragazzo nato a Versailles, dove c’è ancora odore, profumo, fate un po’ voi, di reggia e di nobiltà prerivoluzionaria.
Vi racconto che Abdul Nicolas è così, per chi non lo conoscesse. Litigava con Lemerre che vinse il titolo europeo, litigava con Santini, non ha osato aprire bocca con Ancelotti che, anzi, ribadisce l’alta professionalità del francesuccio.
Vi racconto che Abdul Nicolas ha cambiato nove città di lavoro, da Parigi a Londra, da Madrid ancora a Parigi, poi a Liverpool, da Manchester a Istanbul, da Bolton di nuovo a Londra, ha raccolto denari, ha donato gol, ha portato in giro la troupe dei suoi fratelli Claude e Didier che sono i suoi agenti, impresari, procuratori, badanti, dipende dal momento e dall’uso.
Vi racconto che Abdul Nicolas quando era al Real Madrid, l’anno era il millenovecentonovantanove e le merengues lo pagarono 67 miliardi di lire, avete letto bene, 67 miliardi, Abdul Nicolas venne invitato a corte. Sì, da Juan Carlos e dalla moglie Sophie. Era l’anno delle celebrazioni culturali, sportive, artistiche tra Francia e Spagna. I reali offrirono un gala a Madrid, il re che ama il football, decise di omaggiare l’astro del momento, Nicolas non ancora Abdul, consegnò al cerimoniale la lettera per invitare l’attaccante del Real Madrid. Nicolas ne fu sorpreso ma, dopo un consulto in famiglia, chiese di poter parlare con il palazzo reale: «Io vengo ma con me ci dovranno essere anche Didier e Claude e magari qualche altro parente stretto». Dal Palazzo gli risposero che, anche se l’edificio conta duemila e ottocento stanze, non sembrava corretto allargare gli inviti ad amici ed affini, Nicolas avrebbe già dovuto essere onorato dell’omaggio del re. Didier e Claude convinsero il ragazzo miliardario a respingere l’invito, noi francesi di Versailles siamo fatti tutti di un pezzo, tenetevi la vostra cena, al galà preferiamo il gol.
Questo per dire che gli Anelka hanno una testa un po’ particolare e lui, the incredible sulk, con una esse iniziale per distinguerlo dal personaggio fumettistico, non aveva altri argomenti da offrire né al re Juan Carlos né al detronizzato Raymond Domenech. Dunque si è espresso secondo usi e costumi, un vaffa e un insulto alla madre, tanto per restare nell’ambito di Versailles.
Probabilmente qualcuno dirà e scriverà che certe cose restano nel chiuso di uno spogliatoio. Anzi lo ha detto lui stesso, perché nello spogliatoio si può anche uccidere, spacciare droga, anzi drogarsi, tanto è zona franca, o Francia.

Per fortuna la federazione ha deciso di rispedirlo a casa, con foglio di via immediato e anche Sarkozy ha detto che le parole del calciatore sono inaccettabili. Un caso nazionale, dunque. Tutto il mondo è paese, quando c’è di mezzo il football. Comunque di Abdul si può fare a meno, parola di Allah.

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