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Ma Anemone smentisce tutto: «Mai comprata casa al ministro»

«La casa a Scajola non l’ho comprata io così come non ho contribuito in parte ad acquistarla. Mai e poi mai ho comprato case a politici e mai ho pagato chicchessia». Non ha dubbi, Diego Anemone, l’imprenditore che riusciva ad accaparrarsi il maggior numero di appalti pubblici per grandi eventi e grandi opere. Dal carcere, dove ieri è stato interrogato, il costruttore si è difeso con i denti offrendo un assist alla difesa del ministro per lo Sviluppo Economico, che fa il paio con quello del notaio presente al rogito che ha negato d’aver visto gli assegni incriminati. «Non ho dato denaro a nessuno, tanto meno ad Angelo Zampolini, e non ho contribuito ad acquistare le case di nessuno». Gli stessi legali di Anemone hanno ribadito la non coincidenza fra le dichiarazioni dei cosiddetti supertestimoni (le due proprietarie di casa e l’autista tunisino) e quelle del loro assistito: «Non vogliamo soffermarci su questo aspetto dell’inchiesta ma escludiamo qualsiasi addebito. Le ricostruzioni fatte dai giornali sono di pura fantasia, sprovviste del benché minimo riscontro. Nel ribadire di non aver mai dato denaro il signor Diego Anemone ha definito il suo operato “sempre corretto” e mai “fuori dalle linee della regolarità”... Anemone chiarirà tutto una volta uscito dal carcere». Intanto sul fronte della casa del ministro il prossimo 14 maggio i pm di Perugia sentiranno come persona informata dei fatti, cioè come testimone, proprio Claudio Scajola che ancora ieri ha respinto qualsiasi addebito annunciando che riferirà alle Camere dopo la sua deposizione in procura. Oggetto dell’interrogatorio, ovviamente, gli 80 assegni circolari con i quali sarebbe stata pagata una parte dell’abitazione vicino al Colosseo, assegni fatti emettere dall’architetto Angelo Zampolini dopo avere versato in banca 900mila euro in contanti. Per questo passaggio di soldi Zampolini è stato accusato di riciclaggio.
Nel frattempo il Tribunale del riesame di Firenze ha concesso gli arresti domiciliari, per motivi di salute, a Francesco Maria De Vito Piscicelli, l’imprenditore arrestato il 4 marzo scorso nell’ambito delle indagini sull’appalto per la scuola marescialli di Firenze, uno dei filoni dell’inchiesta sui grandi eventi. Piscicelli era già recluso nel centro clinico del carcere di Pisa, per motivi di salute. Intanto, il 9 maggio scadono i termini delle misure cautelari eseguite il 10 febbraio, e che hanno portato all’arresto di Angelo Balducci, Mauro Della Giovampaola, Fabio De Santis, e dell’imprenditore Diego Anemone. L’intera «cricca», insomma, tra una settima potrebbe uscire dal carcere dopo mesi di durissima detenzione.

Martedì invece sarà invece il tribunale del riesame a vagliare l’appello dei pm contro la decisione del gip di non disporre gli arresti per Zampolini, per il commercialista Stefano Gazzani e per l’ex commissario per i mondiali di nuoto a Roma Claudio Rinaldi, non ritenendosi competente per territorio.
MMO

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