Cultura e Spettacoli

Ang Lee dissacra Woodstock: più business che rock pacifista

CannesFerragosto 1969 arrivò nell’eco dello sbarco - reale o simulato, come sostiene il film Capricorn One? - americano sulla Luna e delle bombe, quelle reali, sul Vietnam e sulla Cambogia.
Capo dello Stato in Italia era Saragat: per fargli piacere, la Rai fingeva che l’Italia fosse una socialdemocrazia scandinava. La primavera ’68 era passata solo per il calendario, in attesa del autunno caldo del ’69. Insomma l’Italia, abilmente sottrattasi alla guerra americana in Indocina, viveva un concitato adattamento al benessere.
Ecco testo e contesto evocati dalla ricostruzione Taking Woodstock («Prendere Woodstock») di Ang Lee, col quale il regista cinese punta alla Palma d’oro, da mettere accanto all’Orso e ai due Leoni d’oro che ha già.
Il regista cinese è incline al passato recente degli Stati Uniti. A Cannes presentò nel 1997 Tempesta di ghiaccio, ambientato nel 1973, fra una borghesia che è tentata da quella che allora pareva una trasgressione: lo scambismo più o meno simultaneo. Traendone la conseguenza che può essere uno svago, non un’alternativa. A Venezia presentò nel 2005 The Brokeback Mountain, su una lunga relazione gaya negli anni postbellici.
Ora Ang Lee affronta un altro personaggio gayo, il trentenne che favorì lo svolgimento del grande concerto rock del 1969 nello Stato di New York, zona dei monti Catskill. «Tre giorni di pace e di musica» era lo slogan per presentarla. L’idea che decine di migliaia di persone, dette hippies, convergesse in quest’area di campagna aveva suscitato preoccupazione fra gli abitanti. Alla fine prevalse l’iniziativa del segretario della locale Camera di commercio, Elliot Tiber, ebreo e gayo. Il concerto si fece, la folla fu immensa, le canzoni (Joan Baez, Joe Cocker, Jimi Hendrix, Jefferson Airplane, Janis Joplin, Who... ) di quelle che si sentono ancora oggi.
Il film deriva dal romanzo autobiografico, sceneggiato da James Schamus, di Tiber stesso, che Ang Lee incontrò per caso in uno studio tv di New York, dove erano andati l’uno a presentare l’autobiografia, l’altro Lussuria. Ma centrare il film sul concerto sarebbe costato moltissimo per i diritti delle canzoni. Così le due ore di storia si concentrano sul contatto fra la comunità locale e i giovani spettatori. L’attrito era inevitabile e l’origine ebraica di Tiber, oltre alla sua gayezza, lo moltiplicarono. A sedare lo scontento non fu tanto la polizia quanto la pioggia di dollari che finì sull’area del concerto, abbastanza per compensare il disturbo arrecato dalla sporcizia lasciata e dallo spettacolo di sesso libero.
A proposito: per risparmiare, Ang Lee schiera attori di media notorietà come comprimari e un esordiente (Demetri Martin) come protagonista, sebbene abbia una dozzina d’anni meno del suo personaggio. Il contorno è assicurato da Imelda Staunton (Coppa Volpi per Il segreto di Vera Drake) e Henry Goodman nei ruoli della madre e del padre; Emile Hirsch in quello di un amico di Tiber; Liev Schreiber in quello di un ex marine (è alto 1,90) dedito al travestitismo, con pistola nella giarrettiera.
Per essere un film da Festival, Taking Woodstock è un’opera insolita, col suo tono da commedia e con l’aria di non prendere troppo sul serio nemmeno il clima di nostalgia per l’interminabile '68 del cinema d'autore.
Si direbbe che il direttore del Festival, Thierry Frémaux, stia diluendo, con garbo, il retaggio cupo (Aids, Irak, cancro, follia, suicidi, infanzia abbandonata...

) degli ultimi trent’anni sugli schermi della Croisette.

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