Angela non può più sbagliare Riscopre la grande coalizione

In un anno e mezzo due presidenti scelti da lei hanno dovuto lasciare Ora la cancelliera punta a una candidatura comune con gli oppositori

Angela non può più sbagliare  Riscopre la grande coalizione

AAA Presidente disperatamente cercasi. Come se non bastassero i problemi dell’euro Angela Merkel ha ora un’altra gatta da pelare: trovare un nuovo inquilino per lo Schloss Bellevue, il Quirinale berlinese. All’apparenza la cancelliera si è già messa all’opera. A meno di mezz’ora dalle dimissioni di Christian Wulff, è apparsa in tv controllata come sempre. E insieme alle consuete parole di circostanza («provo rispetto e dispiacere») ha fatto la prima mossa della nuova partita a scacchi, annunciando la volontà di una candidatura comune con gli oppositori socialdemocratici e verdi.

La decisione è frutto di intelligenza tattica e strategica allo stesso tempo. Guardando ai numeri la cancelliera è in difficoltà. Il nuovo presidente dovrà essere eletto entro un mese da un corpo elettorale formato da ben 1.240 persone. Metà sono componenti del Bundestag, l’altrà metà sono scelti dai Parlamenti regionali dove socialdemocratici e verdi sono in molti casi maggioranza. Se si aggiunge che gli elettori non parlamentari sono selezionati tra i rappresentanti della società civile (non mancano mai attori e sportivi) e che sono quindi difficilmente controllabili in termini di disciplina di partito, il risultato è che la cancelliera ha una maggioranza risicatissima. Secondo il sito specializzato wahlrecht.de si va da uno a quattro voti. Troppo pochi per rischiare il testa a testa. Non solo. Wulff è il secondo presidente a dare le dismissioni tra le polemiche nel giro di un anno e mezzo. Il precedente, Horst Köhler, se ne era andato nel giugno del 2010, dopo alcune infelici frasi sull’impegno tedesco in Afghanistan. Entrambi erano stati scelti dalla Merkel, che adesso non può più permettersi di sbagliare.

Un nome comune può essere dunque una necessità, ma allo stesso tempo apre alla numero uno della Cdu nuove prospettive in funzione delle elezioni del 2013. I toni duri sulla crisi finanziaria si sono tradotti per la cancelliera in sondaggi da sogno: i due partiti gemelli Cdu-Csu viaggiano oltre quota 38%. I partner di governo, però, i liberali dell’infelice ministro degli esteri Guido Westerwelle, sono praticamente scomparsi (oggi prenderebbero il 2%). Per il futuro bisogna dunque attendersi un nuovo quadro politico: il ritorno di una Grosse Koalition tra socialdemocratici e democristiani o una acrobatica alleanza tra democristiani e verdi. Quale migliore occasione per un avvicinamento che la scelta comune di un nuovo presidente? E i primi a capirlo, non a caso, sono stati proprio i liberali, ormai tagliati fuori, che hanno chiesto che la nomina comune non vada a scapito di nessun partner della coalizione.

In base allo scenario appena descritto è iniziato il toto-nomine sui possibili successori di Wulff, di cui i partiti di governo Cdu-Csu-Fdp hanno iniziato a parlare in un vertice ristretto ai tre segretari nella serata di ieri e in una riunione plenaria delle direzioni prevista per oggi. Il nome più gettonato è una vecchia conoscenza dell’opinione pubblica tedesca, il teologo protestante Joachim Gauck. Poco più di 70 anni, ex dissidente dell’ex Germania Est, Gauck è stato per anni responsabile dell’autorità che deve gestire i dossier segreti raccolti dalla Stasi negli anni del comunismo. Nel 2010 era stato candidato alla presidenza da Verdi e socialdemocratici ma snobbato dalla cancelliera. Oggi ha dei tassi di popolarità molto alti e la Merkel potrebbe ripensarci. Altro nome di compromesso potrebbe essere il presidente del Bundestag Norbert Lammert, 63 anni. La sua gestione dei lavori parlamentari è stata così equilibrata da fare infuriare i suoi compagni di partito. «Oggi prenderebbe più voti dall’opposizione che da noi», ha commentato un’onorevole della Cdu.

Tra i papabili ci sono anche esponenti di governo come il ministro delle finanze Wolfgang Schäuble, della difesa, Thomas de Maiziere, del lavoro Ursula von der Leyen. Per ora, però, una sola cosa è certa: a decidere sarà la Merkel.

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