Un’animalista nella Chicago degli anni Trenta

Il catalano Alex Rigola propone «Santa Giovanna dei Macelli» di Bertolt Brecht, atto d’accusa contro la disumanizzazione del capitalismo moderno

Laura Novelli

La presenza in scena di microfoni, video, danzatori, intarsi musicali modulati sul rap o la break-dance non tragga in inganno: la vicenda che l’estroso regista catalano Álex Rigola evoca nel suo premiato «Santa Joana dels escorxadors» (cioè «Santa Giovanna dei macelli») è proprio quella descritta da Bertolt Brecht in una delle sue opere più esplicitamente didattiche e politiche.
Solo che Rigola - trentanovenne direttore artistico del Teatre Lliure di Barcellona - la rilegge con sguardo decisamente contemporaneo.
Secondo noi, non solo per usarla come gigantesca metafora dei danni del capitalismo e del bieco affarismo bancario/finanziario che tanto va di moda di questi tempi, ma anche per proseguire qui la sua originale ricerca sul potere e sul linguaggio teatrale oggi più adatto a descriverlo.
Ricerca di cui ci aveva già offerto validi esempi nelle stagioni e nei mesi scorsi, presentando a Roma il suo vitale «Giulio Cesare» di Shakespeare (che il pubblico romano ha avuto modo di apprezzare al teatro India) e poi il forse meno incisivo «Riccardo III» sempre del Bardo, in cartellone lo scorso autunno all’Argentina nell’ambito del Festival dell’Unione dei Teatri d'Europa. Sala dove adesso Rigola è tornato con questo lavoro molto applaudito all’estero (ha vinto, ad esempio, il premio per i giovani registi al festival di Salisburgo del 2004) che in sostanza ruota intorno a due figure chiave tra loro del tutto antitetiche.
Siamo nella Chicago della Grande Depressione del ’29 (molte scene sono ambientate nella Borsa del Bestiame della città) e a fronteggiarsi troviamo Pier Pont Mauler, un ricco industriale operativo nel settore dell’inscatolamento della carne, e Giovanna Dark, una sorta di Giovanna D’Arco idealista e ingenua che si pone dalla parte dei lavoratori in sciopero e si illude di poter risolvere i problemi semplicemente con il buon senso.
Ma la società del primo dopoguerra non è più quella della cauta industrializzazione ottocentesca.
Ormai sta emergendo un modello capitalista spietato e iniquo (Brecht induce il pubblico a riflettere criticamente proprio su temi quali lo sfruttamento della classe operaia e le incongruenze di un sistema economico che genera profonde disuguaglianze) dove tutto sembra funzionare alla rovescia.
Non per niente, alla fine del dramma, Giovanna rimarrà vittima della logica del profitto da lei tanto osteggiata, mentre Mauler rinascerà dalla crisi più potente e ricco di prima. «Gli uomini - recita il personaggio - non mi commuovono, non sono innocenti, sono macellai. Provo pietà per i buoi ma la natura umana è cattiva e l’umanità dovrebbe cambiare prima che il mondo cambi».


Nella lettura di Rigola, questa lucida disamina della modernità (di cui è d’obbligo citare la storica messinscena di Strehler al Piccolo datata 1970) diventa uno sprezzante atto di sfiducia nella società contemporanea, nell’uomo di oggi («ego ego ego è la fottuta condizione umana», dichiara il regista) e negli abusi di quel capitalismo selvaggio che ha generato mostri pericolosissimi quali «lo sfruttamento e il disordine bestiale».
Lo spettacolo rimarrà in scena fino a domenica 5 febbraio. Per informarzioni: 06/684000345.

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