Politica

Animalisti contro la Cina: «Per estrarre la bile torturati gli orsi della Luna»

È difficile immaginare che i cinesi possano provare un briciolo di umanità per gli animali, visto che ammazzano senza problemi anche i cristiani. Basta citare l’orrenda pratica delle sterilizzazioni o degli aborti forzati delle donne tibetane, soltanto per fare un esempio.
Molti sanno come la Cina abbia contrastato il randagismo dei cani (a bastonate!) per preparare il Paese alle Olimpiadi. Ma molte meno persone sanno quello che accade ai poveri orsi della Luna, così chiamati per la caratteristica macchia a forma di luna crescente sul petto. Per fortuna, in questi giorni, al Festival della Scienza di Genova, anche loro avranno finalmente una voce. L’Ente nazionale protezione animali (Enpa) premierà Jill Robinson, fondatrice di «Animals Asia», l’unica fondazione autorizzata dal regime comunista cinese a soccorrere gli orsi delle fattorie dismesse.
Ma partiamo dall’inizio. Queste bestiole sono abusate e torturate a vita, per estrarre la loro «preziosa» bile (tra l’altro infetta perché estratta da animali sofferenti e malati), ritenuta erroneamente miracolosa da credenze troglodite che ancora sopravvivano in Cina, Vietnam e Corea. E pensare che esistono alternative erboristiche e sintetiche alla bile di orso ben più efficaci e curative, nonché sane.
L’idea «geniale» delle fattorie della bile nasce negli anni Ottanta. Gli animali sono imprigionati a vita e «munti» giornalmente, soffrendo pene inimmaginabili.
Attualmente nel Sud-est asiatico circa 16mila orsi della Luna sono «allevati» in condizioni disumane, spesso per oltre un quarto di secolo, ossia tutto il corso della loro vita. Rinchiusi già da piccoli in gabbie talmente minuscole da non permettere neanche il normale sviluppo della loro crescita. Molti sono deformi.
A queste bestiole sono limati i denti e strappate le unghie per non arrecare eventuali problemi. A volte vengono anche amputati gli arti. A loro sono negati persino cibo e acqua, perché in condizioni di stress e privazione totale producono più bile. Questa è estratta con rudimentali e dolorosissimi cateteri di metallo, conficcati in profondità nell’addome dell’animale, spesso agganciati al corpo da una pettorina detta «metal jacket». Altra tecnica, che risulterebbe l’unica autorizzata, è quella del «free-dripping» o gocciolamento libero: viene chirurgicamente scavato un tunnel permanente nell’addome dell’animale fino a raggiungere la cistifellea.
Benché davvero robusti, quasi tutti i poveri orsi si ammalano di tumore al fegato e diventano ciechi. E soffrono anche di altre malattie invalidanti come artrite, peritonite e ulcere perforanti.
Al festival della Scienza l’Enpa riceverà da «Animals Asia» il certificato di adozione di Moonlight, uno degli orsi salvati dalle fattorie della bile. Oggi vive libero e felice al Centro di recupero di «Animals Asia» a Sichuan, in Cina, assieme ad altre centinaia di «ex-detenuti». «Il nostro è un gesto simbolico che mira a un sogno», spiega Ilaria Ferri, direttore scientifico dell’Enpa, «affinché molte persone adottino altri orsacchiotti salvati, dando un aiuto concreto ad Animals Asia».
Ognuno di noi più dare il suo contributo per contrastare questa piaga. Bastano 35 euro al mese per adottare a distanza uno degli ospiti di «Animals Asia» in Cina e in Vietnam. Ciascuno avrà cibo, acqua potabile e adeguate cure riabilitative per tutto il resto della sua vita.
Il benefattore riceverà a casa un personale certificato di adozione, con la fotografia del «figlio adottivo» e le informazioni continue sul carattere e sui suoi progressi.
Tutti i dettagli sul sito www.animalsasia.org (tel. 010.2541998 - 010 8680709, e-mail: info@animalsasia.

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