Anna Della Rosa si fa in tre con le donne di Testori

Dal buio profondo di Erodiade alla luminosità di Maria un'interpretazione che riprende la tradizione migliore

Anna Della Rosa si fa in tre con le donne di Testori
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Dal 1994, anno in cui andarono in scena, con Adriana Innocenti, i tre Lai di Testori, all'Umanitaria di Milano, le versioni di «Cleopatràs», «Erodiàs», «Mater Strangosciàs» di Giovanni Testori si sono moltiplicate, raggiungendo il punto più alto nella messinscena di Lombardi- Tiezzi, tra il 1996 e il 1998, con adattamenti musicali di Giancarlo Cardini. Si trattò di un evento, grazie alla regia elegante e stilizzata, tipica della Compagnia «I Criminali» e alla potente interpretazione di Lombardi che seppe bene adattare la sua dizione al gioco crudele, ma vitalissimo, della lingua testoriana, oltre che alla sua forza parodistica grazie alla scelta, en travesti, su una scena che rimandava al varietà. Insomma, ci trovammo di fronte a una doppia dissacrazione, quella di Lombardi-Tiezzi, con le sue invenzioni sceniche, e quella di Testori con le sue invenzioni linguistiche. Per quanto riguarda il dittico «Erodiàs» e «Mater Strangosciàs», colpì l'invenzione di una ribalta che alludeva a una specie di fiera rionale, con una corona di lampadine, un ex voto col cuore fiammeggiante di Gesù e un piatto di terraglia, sul quale si stagliava il volto del Battista, mentre alcune piantine di cactus rimandavano all'orto di Getsemani.

Sandro Lombardi ha voluto fare un «dono», di quello spettacolo, più che una regia, ad Anna Della Rosa che ne è protagonista, al Piccolo Teatro Grassi, da domani al 25 Maggio, grazie alla produzione firmata da ERT, Emilia Romagna Teatro, Compagnia Lombardi-Tiezzi, in collaborazione con Associazione Giovanni Testori. C'è da dire che soltanto sabato 24, al dittico, si aggiungerà «Cleopatràs», realizzata qualche anno fa, con la regia di Walter Malosti. Testori aveva ereditato il «lamento» dal teatro religioso medievale, facendo risuonare, nei sui Lai, l'eco di quel tempo, purificandola, però, sia dalla malinconia che dalla melodia, trasformando quella forma arcaica, in una sorta di ribellione tutta lombarda, con una reinvenzione linguistica, la cui eco si poteva ancora sentire nella Valsassina.

Quello di Testori è un canto luttuoso diverso dal kommos di origine greca, così come è diverso dal «lamento» del dramma religioso. In verità, Testori si rifà al Libro dei Salmi, dove il «lamento» è inteso come protesta, di cui Giobbe è la dimostrazione. Col tempo, il «lamento» si trasformò in «lamentanza», ovvero in quella pratica rituale che va oltre il cordoglio, per evidenziare l'angoscia di una perdita. In fondo, Erodiade piange di rabbia per la perdita del suo amore impossibile che l'ha spinta alla folle volontà di richiedere la testa del Battista, al contrario di Maria, che sottolinea la sua angoscia essendo diventata «una vera mater fatigata», anche se ha procreato «senza che il ventre mio mai da masculo sia stato occupato».

Anna Della Rosa si immerge in queste tre donne senza risparmiarsi, con una forza interpretativa che non lascia fiato, muovendosi tra il buio di Erodiade e la

luminosità di Maria. Se per il primo personaggio, indossa un frac da avanspettacolo, per il secondo, le basta toglierselo per dare, alla madre, il sentimento di angoscia che la pervade per la morte del figlio sulla croce.

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