Vicenza - Un solo uovo di Pasqua e due belle sorprese dentro, non capita facilmente. Ma alle reginette di bellezza la fortuna sorride di frequente, sicché Anna Valle, nel 1995 Miss Italia e oggi attrice cinetelevisiva piuttosto nota, a inizio primavera si è imbattuta in due fiammanti ruoli inediti. Sul grande schermo esordisce come una Miss Omicidi niente male per lei, che con le fiction strappalacrime (da Soraya a Le stagioni del cuore, per tacere della recente Fuga per la libertà, con Sergio Castellitto in funzione anti-Shoah) ci ha abituato alle sue parti da santarellina, bella, sì, ma casta e dolente. Nella vita vera, l’artista di origine siciliana (nata a Roma trentadue anni fa e vissuta a Ladispoli fino all’adolescenza), debutta come mamma, ruolo di primo piano per una donna. Dovrebbe nascere a giorni, infatti, la figlia Ginevra («un nome pretenzioso: speriamo che la mia bambina possa indossarlo con charme»), visto che Anna è al nono mese.
La troviamo a Vicenza, dove vive con l’avvocato e produttore vicentino Ulisse Lendaro (il padre di Ginevra), che insieme a lei ha messo in piedi il film a basso costo Misstake (nelle sale dal 28), una commedia nera, tinta di rosso: gronda sangue questa grottesca black comedy e Anna Valle, sorriso beffardo e mannaia da macellaio, c’entra più di qualcosa. Perché tra il misterioso zio Giovanni (Remo Girone) e una petulante perpetua (Victoria Zinny), mentre un gruppo di strani invitati in una villa sul Brenta aspira ad arraffare l’arraffabile, durante una lunga notte dei coltelli all’italiana, molte cose succedono.
Cara Anna Valle, che cosa prova nei panni di Frida, la protagonista del suo primo film da cattiva e da co-produttrice?
«Grande divertimento. La mia Frida non è una vera malvagia, ma una grottesca nobildonna decaduta, che non ha principi morali. Essendo un’aristocratica, le secca non poter esibire lo sfarzo, cui è abituata per nascita».
Da Francesca Neri a Nancy Brilli, molte sono le attrici italiane passate alla produzione. Lei che cosa si aspetta di fare, come producer?
«Film liberi e indipendenti, come Misstake. Per quanto, avendo girato in una villa del Palladio, Villa Canal, a Grumolo delle Abbadesse, con scenografie accurate e di lusso, e qualche scena in 3D, il mio film non ha l’aria del tipico prodotto low budget».
La commedia nera non è un genere tipicamente italiano. Perché, secondo lei, da noi non decolla?
«Con tutta l’umiltà, che metto nel mio lavoro, azzardo: forse la black comedy non va, perché si preferisce produrre o film socialmente impegnati o commedie di costume. Ma chi vuole confrontarsi con la Settima Arte, deve ottimizzare le risorse. Volendo guardare all’estero, in Europa e negli Usa il genere è molto apprezzato».
Qualche rimpianto dei beati anni in cui, da Miss Italia, girava mezzo mondo?
«Magari, in passato, avrei voluto fare di più. Come decidere, a vent’anni, di restare in Francia, o in America, a studiare, a migliorarmi. Ho vissuto e lavorato a ritmi serrati fin da giovanissima e adesso fermarmi un po’ mi sta bene: per quanto... ero incinta al quarto mese, quando ho lavorato con Sergio Castellitto in tivù».
Allora il 22 aprile non sarà al Madison Square Garden, al lancio americano del film Carnera, the walking mountain, dove lei fa la moglie del pugile Primo Carnera, detto «la montagna che cammina»?
«Credo di no. Sarò alle prese con pappe e pannolini. Il che, prima della nascita di mio nipote, mi sembrava poco attraente. Adesso, invece, l’idea d’essere madre mi piace».
Può anticiparci qualche notizia su questo film (targato Medusa) di Renzo Martinelli, pronto per essere presentato alla comunità italoamericana di New York e che qui uscirà il 9 maggio?
«Abbiamo girato in Romania, ricostruendo negli studi l’Italia degli anni Trenta, con la questione fiumana sullo sfondo. C’è un magnifico cast, che comprende Paul Sorvino e Burt Jung, oltre al ventisettenne Andrea Iaia, un vero gigante di due metri e dieci, nel ruolo di Carnera. Io interpreto sua moglie Pina Covacich».
Che tipo di moglie era, quella di Carnera, unico italiano campione del mondo dei pesi massimi?
«Una jugoslava di Santa Lucia d’Isonzo, molto dolce, ma estremamente combattiva e forte, quando si trattava di trasmettere fiducia al suo Primo. Per quanto io sia alta, accanto a Iaia mi sentivo una nana! E so che, per la produzione, non è stato facile trovare un interprete, veramente alto e poderoso come il mitico pugile».
E lei, nella vita vera, somiglia alla Covacich?
«Sono dolce e forte, questo sì.
Le miss, al cinema, funzionano poco, però lei si sta affermando. È fortuna, merito, tigna?
«Un po’ di tutto. Ma è vero che, studiando sempre, si migliora. Forse, si arriva».
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