Poco tempo, qualche vacanza di troppo, programmi vasti e complessi e un certo disorientamento degli insegnanti per quanto riguarda la produzione letteraria più recente: ecco perché i docenti di lettere delle superiori sembrano trascurare, in massima parte, la letteratura italiana del secondo Novecento, arenandosi spesso agli anni Trenta e Quaranta. Tutto ciò nonostante i più recenti programmi, e le circolari ministeriali, siano rivolti a incentivare lo studio della contemporaneità anche in ambito letterario.
Da qui lidea dellIstituto della Enciclopedia Italiana Treccani: chiedere a dieci esperti di stilare ciascuno un suo «canone» contenente dieci titoli di opere narrative (romanzi e raccolte di racconti) pubblicate in Italia tra il 1955 e il 2005. Tra gli esperti coinvolti in questa iniziativa, curata da Roberto Carnero, delluniversità statale di Milano, figurano studiosi e storici della letteratura di chiara fama: Guido Baldi, Alberto Casadei, Luca Curti, Giulio Ferroni, Biancamaria Frabotta (docente di letteratura italiana contemporanea alla Sapienza di Roma e autrice dellarticolo a lato), Walter Pedullà e Bruno Pischedda. Ma ci sono anche giovani e promettenti ricercatori, Giulio Iacoli e Giorgio Nisini, e critici più «militanti» come Fulvio Panzeri. Ciascuno ha presentato il suo «canone», motivato sia da scelte di gusto sia - soprattutto - da oggettive ragioni (tematiche, stilistiche, sociologiche) di volta in volta chiarite.
La lettura incrociata dei dati (da martedì sul sito www.treccani.it) consente diverse considerazioni. Due su tutte. La prima è che i soli Calvino, Gadda e Morante con le loro opere ottengono 25 voti su cento, un quarto dei consensi; la seconda è che le preferenze «crollano» negli ultimi due decenni: i 13 scrittori coinvolti, dalla Maraini alla Petrignani, da Tabucchi a Pontiggia, non vanno oltre il 13 per cento dei voti. Significa che i loro romanzi non sono andati oltre la segnalazione di un solo critico. La convergenza dei giudizi diminuisce sempre man mano che ci si avvicina a tempi più recenti. Resta però da chiedersi se tutto questo sia solo un problema di prospettiva, di difficoltà a stilare un «canone» condiviso delle opere più vicine, o se sia questione di qualità.
Anni 90, la letteratura che non fa scuola
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