Un anno di barzellette sul Cavaliere

Istrionico e irriverente, nessuno come Berlusconi è vittima e al contempo ispiratore di battute. Dai colloqui col Padreterno alle scenette con Putin e Bin Laden, ecco le storielle più divertenti

Un anno di barzellette sul Cavaliere

«Sai perché Berlusconi è l’uo­mo più adatto a ripulire Napo­li? Perché è l’unico che sco­pa ». Eccola lì, buttata, così, di corsa per la strada, tra due che si incontrano di fretta in piaz­za del Duomo, l’«ultima» sul premier. Breve, in formato prêt-à-porter , rumorosa e qua­si rivoluzionaria come un pu­gno battuto sul tavolo che fa tintinnare il bicchiere e traci­mare il rum.

Eppure nella magmatica sag­gezza popolare riassume le no­tizie di un’intera annata, come se narrasse ancora una volta quel che abbiam sempre narra­­to nella nostra fantasia: del Ca­valier, l’arme e i concitati amo­ri. Niente cambia sotto il sole. La strada recepisce i fatti e li trasforma nella competenza profonda di un sorriso che, per antico detto, mette in moto il buon sangue, diserba un po’di gramigna concimata dall’invi­dia in mezzo ai ro­veti che la po­litica nazionale e internaziona­le coltiva. Una al giorno ne nasce, in mez­zo a questa Italia sconvolta dal­le crisi e dalle liti, che in una democrazia, come voleva Mon­tesquieu, sono segno di liber­tà. Perché dove tutto tace, non ci sono spiriti né menti aperte. Invece l’ardire, seppur picco­lo, di creare e sorridere, il no­stro popolo continua a tenerlo alto, con una letteratura di «barzellette»o di storielle sem­p­lici che riporta a sé tutta l’anti­ca arte della satira.

Appena ascoltata, quella bou­tade su Napoli e l’ ars amandi più antica della terra, quel­l’ars che è talmente radicata da farci confessare, con since­rità, senza moralismi, «così fan tutti e tutte», mica solo Sil­vio, quella battuta corta e onni­comprensiva di verità, ce la sia­mo tradotta in greco, come se fosse su una scena di Aristofa­ne, in latino, e perché no, in in­glese, visto che non c’è stato più grande barzellettiere al mondo che William Shakespe­are. E ci siamo anche detti: Sil­vio Berlusconi racconta barzel­lette, ne fa girare tante perfino sul proprio conto, e per questo viene spiato. Allora queste bar­zellette hanno la loro valenza se meritano titoli sui giornali. Non solo: dal 1994 in poi, le sto­rielle scherzose su di lui hanno continuato a rifiorire, tant’è che qualche sera fa una sonora compagnia al ristorante, per sua stessa ammissione non di centrodestra, se ne racconta­va alcune e un commensale ad un certo punto si è persino in­terrogato perplesso: ma non staremo diventando «berlu­sconiani » anche noi? Tutti col­piti dal virus della barzelletta: destra, centro, e se ancor c’è, sinistra. Allora, ci siamo detti: raccontiamole, per una volta, le migliori sul Presidente. Ec­cole.

APOCALISSE E OTTIMISMO
Osama Bin Laden, Putin e Berlu­sconi vengono convocati davanti al Trono dei Troni. Dice il Signore: A voi sono costretto a comunicar­lo. La crisi economica devasterà la terra e alla fine mi sono convinto di mandare L’Apocalisse. Trovate il modo di riferirlo agli uomini». Osama sale su un minareto e gira un video per i musulmani in cui spiega: «Cari fratelli musulmani, siamo proprio fottuti. Primo: Dio esiste e non è quello del Corano. Purtroppo i cattolici avevano ragio­ne. Secondo: è inutile fare attenta­ti, perché tempo una annetto e il mondo sarà interamente nella cac­ca ». Putin si affaccia alle finestre del Cremlino e grida: «Dio c’è e il Co­munismo, a cui eravamo costretti, aveva torto. Secondo: la fine dei tempi è vicina, preparatevi a spala­re cacca se volete salvarvi». Berlusconi parla alla nazione: Cari italiani, come sempre avevo ragione. Dio è il nostro Dio, quello di sempre. Ci vuole anche bene, perché mi ha assicurato, tempo un annetto, e altro che emergenza ri­fiuti a Napoli! Finalmente ci sarà la­voro per tutti!».

LA LAMPADA DI ALADINO
Luca Cordero di Montezemolo viaggia sull’autostrada con la sua nuova Ferrari rossa oltre ogni limi­te di velocità. Improvvisamente dallo specchietto retrovisore vede arrivare da lontano Silvio Berlusco­ni sopra una biga, stile Ben Hur. Berlusconi supera Montezemolo e lo sperona, devastandogli la fianca­ta della Ferrari. I due si fermano. L’ex presidente di Confindustria scende dalla mac­china arrabbiato come una iena e tuona: «Insomma, possibile che tu non permetti a nessun altro di cor­rere in santa pace?». Berlusconi, sorridendo: «E dai, non ti arrabbia­re così! Sai che ho la lampada di Ala­dino e grazie a lei risolveremo tut­to ». Il premier estrae dalla tasca il mitico coccio e dice: «Strofinala e chiedi quello che vuoi. Mi racco­mando, grida perché il genio è vec­chio ed è anche un po’ sordo». Montezemolo manipola la lampa­da; il genio esce. Luca urla con la sua vocetta: «Voglio un miliardo, un miliardo di euro per rimettere a nuovo la Ferrari». Un tuono scop­pia e si aprono, in alto, le porte dei cieli. Dalle nubi scende, precipi­tando, un oggetto: un biliardo, che si schianta sulla Ferrari distruggen­dola definitivamente. Montezemo­lo, sconvolto, rimprovera il genio: «Vecchio rincitrullito, ho chiesto un miliardo, non un biliardo ! ». Il Cavaliere gli posa bonariamente la mano sulla spalla e sorridendo di­ce: «Non te la prendere, caro Luca. Sai com’è, anche i geni tirano brut­ti scherzi. Ma ragiona: secondo te, caro Luca, io avrei chiesto una bi­ga?».

LA MAGNIFICA SEPOLTURA
Berlusconi avverte vicino l’ultimo, grande passo e convoca l’amico Fe­dele Confalonieri. «Senti - spiega ­non sono del tutto contento del Mausoleo nuovo nel parco di Arco­re. Vorrei una tomba più grandicel­­la, comoda, rappresentativa. Tu co­sa proporresti? Confalonieri ri­sponde: «Dammi qualche giorno e tornerò con ciò che vuoi». Passano due giorni, Confalonieri si siede di fronte a Silvio e dice: «Potremmo comprare la tomba dell’imperato­re Augusto e ristrutturarla. Ci coste­rebbe un po’, ma forse stare lì ti pia­cerebbe... ». Berlusconi: «Non so, non mi convince... Pensa a qual­cos’altro ». Passano altri due gior­ni, Fedele e Silvio si incontrano di nuovo. Confalonieri: «Sarebbe in vendita la grande piramide di Cheope. Anzi, dopo il caso Ruby e le storie con l’Egitto, sarebbe quasi in svendita. Che dici?». Berlusco­ni: «Non so, non mi convince... pensa a qualcos’altro». Altri due giorni trascorrono. I due amici si ritrovano a cena e Confalonieri ri­vela quasi timoroso: «Sai, la trattati­va è stata dura, ma alla fine i respon­sabili potrebbero cedere. Si tratta del santo sepolcro». Silvio abbassa li occhi e risponde: «Questo sì che va bene, ma quanto costa?». Fede­le gli sussurra all’orecchio l’enor­me cifra e Silvio sbotta: «Ma come, tutti questi soldi per rimanerci so­lo tre giorni?».

A IMMAGINE E SOMIGLIANZA
Dio convoca il Cavaliere. «Caro dottore, mi hanno riferito che lei è uno dei massimi esperti di quella piccola scatola che è ingrado di mo­­strare a un uomo tutto il resto del mondo, mentre se ne sta comoda­mente seduto sul suo divano. Co­me si chiama questo miracoloso congegno?». Berlusconi: «Televi­sione, Eccellenza, si chiama televi­sione ». Dio continua: «Bene. Ora vorrei che lei mi fornisse una prova della potenza di tale mezzo». Berlu­sconi fa uscire dalla tasca un picco­lo televisore e si sintonizza su un canale Rai, dove stanno trasmet­tendo un parto in diretta. Dio, im­pressionato nel vedere la donna in preda ai dolori più atroci, esclama: «Ma perché questa ragazza soffre in tal modo per dare alla luce un figlio?». Il Cavaliere, timorosamen­te, ribatte: «Veramente, Eccellen­za, mi consenta, ma fu proprio Lei a decidere tutto questo». Dio: «E io avrei avallato un tale abominio? Ma quando? Forse in un attimo d’ira posso averlo detto, ma scher­zavo! ». Berlusconi, allora, si sinto­nizza sulla Bbc, dove stanno tra­smettendo un documentario sulle miniere. Dio osserva i minatori, su­dati, sporchi, mezzi morti per la fa­tica. Chiede sconcertato: «Perché gli uomini devono dannarsi in tal modo per guadagnarsi il pane?». Berlusconi, sempre timidamente, replica: «Eccellenza, mi consenta, ma anche questo lo ha deciso lei». Dio: «Ancora? Forse sempre in quell’attimo d’ira, ma scherzavo, non sono tanto crudele verso le mie creature. Io sono buono». Allo­ra il Cavaliere si sintonizza sul ca­nale del vaticano, che mostra cardi­nali e vescovi mentre passeggiano beati nei giardini di San Pietro. Dio si distende in un attimo di pace e soddisfazione. «Ecco, finalmente la verità. Scusi Cavaliere, ma chi so­no questi uomini che mi interpreta­no così alla perfezione?». E Berlu­sconi: «Eccellenza, questi sono gli unici che hanno capito che in quel­­l’attimo d’ira lei stava scherzan­do!».

«GHE PENSI MI!» DALL’OLTRETOMBA
Come si conviene a ogni peccato­re, subito dopo la morte Berlusco­ni viene designato all’inferno. Lo accoglie Lucifero: «Finalmente ci conosciamo. Benvenuto all’In­ferno! ». Silvio dà un’occhiata ai gironi dei dannati e poi si rivolge a Lucifero: «Guardi, non vorrei sembrarle presuntuoso, ma an­che se siamo all’Inferno, un po’ di decoro, ci vuole un minimo d’ordine, Sant’Iddio!». Lucifero precipita nella Caienna, gridan­do: «Zitto, zitto! Qui non si può pronunciare quel nome!». Il pre­mier insiste: «Osservi: le forche dei demoni arrugginite. E il fuo­co? Tiepido, polveroso. Non sa­ranno fiamme degne di Lucifero, queste. E i peccatori: a forza di stridere i denti, son rimasti senza le dentiere. Mio caro Lucifero, se mi dà una settimana, faccio per­fetti tutti i gironi! Ma alla fine, se sarà soddisfatto, esigo una ricom­pensa » . Lucifero acconsente. Dopo un mese, i due si reincontrano in mezzo a un Inferno lucido come uno specchio. Lucifero, costerna­to, chiede: «Allora, la ricompen­sa? ». Il premier alza l’indice della mano destra e fa un segno che in­dica: voglio salire! Accontentato. Giunto in Purgatorio, lo acco­glie un angelo. Berlusconi si guar­da intorno e commenta: «Ma co­m’è trascurato questo Purgato­rio... Mi si consenta una settima­na e lo trasformo. Però voglio una ricompensa». Passati sette giorni il Purgatorio risplende. L’angelo deve cedere, e chiede quale sia il premio e Berlusconi alza di nuovo l’indice. Vuole sali­re. Accontentato. Finalmente in Paradiso, lo ac­coglie San Pietro. Il Cavaliere si guarda intorno e ricomincia. «E questo sarebbe il Paradiso? L’or­gano è stonato, la Rosa dell’Empi­reo è appassita... e il candore del­la luce è difettoso. Caro San Pie­tro, se lei mi consente di lavorare senza nessuna interferenza una settimana, senza opposizione al­cuna, almeno in Paradiso, io la stupirei. Però poi voglio una ri­compensa ». Dopo una settimana San Pietro ha un moto di giubilo nel constatare la metamorfosi: ar­cangeli in doppio petto, santi sfa­villanti e la luce che risplende co­me in uno studio tv. Berlusconi chiede: «E ora voglio parlare per­sonalmente con Lui». San Pietro allora lo conduce davanti all’im­mensa porta d’oro, infila le chia­vi e apre, raccomandandosi: «So­lo un minuto». Trascorre un mi­nuto e tutto tace. Ne passano die­ci e tutto tace. Venti minuti, mez­z’ora. San Pietro freme, poi, pas­sando dal retro, si avvicina al tro­no di Dio. Vede il Cavaliere che parla, parla, e Dio in attento, pro­fondo ascolto.

San Pietro si avvi­cina e sente Dio esclamare: «Ca­ro Silvio, comprendo lo spirito in­novativo che vuole apportare in questo luogo. C’è soltanto una co­sa che non capisco: perché io do­vrei fare il vicepresidente?». 

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